POESIE

mercoledì 21 dicembre 2011

Sono donne pettegole i gabbiani di Galway



L'improbabile luce nella notte d'Irlanda
non ti lascia dormire
ti costringe a sentire quello stridulo vociare

ascolta  

le storie 
sussurrate ai gabbiani  dall'onda
che racconta di An Life  e del vento del nord
del cielo che corre balbettando di pioggia
di roccia
di verde
di partenze per terre lontane
di pelle segnata dalle rughe del sale
 

loro
ti volano basso
ti sfiorano il passo
per farti inciampare

scartare
picchiare
di nuovo salire

custodi della gente di mare

è un regno quel loro volare
un mondo stregato da cui non sai più tornare

Ad ogni nuovo tramonto



Caspar David Friedrich, Auf dem Segler, (1818) - Public Domain via Wikipedia Commons





osservo ciò che ero
appoggiata ad un nuovo tramonto
seguo la linea di un orizzonte precario
-una storia d'altri tempi-
di quando sfogliavo parole
tra i rami contorti dell'amore
e dell'amare scrivevo
lunghe passeggiate di cuore

-la mia vita-


beata d'inquietudine
padrona nei vicoli bui del mondo dentro me
scrutavo l'affollarsi ingenuo di speranze
come di chi volta le spalle al destino
per ritrovarlo inesorabile


-ad ogni nuovo tramonto-

davanti a sé

quando sarò come il vecchio pruno




quando sarò come il vecchio pruno
rami nodosi
curve dita al cielo per l'ultimo sospiro

e fioche ombre in chiaroscuro

distese sulla sera


-immagine e somiglianza-


...cesellerò foglie
alla gramigna

domenica 18 dicembre 2011

OCCHI MIEI








Come posso pensarvi
occhi miei in deliquio
mentre risorgo
o almeno tento
a nuova luce

V'immaginereste voi
occhi miei
se davvero foste vele
lasciare il vento alla bolina
seguire l'ultimo porto
come se fosse
-un viaggiatore ignoto-
che per la prima volta
s'avvicina

Come potrei
ditemi
come potrei morire
se altro non ho che questo sogno
a illuminarmi il volto
forse potrei
ma solo se di tenebra
vi rivestisse il pianto



duna





arriverà

e gli daremo un nome

come le cose conosciute

sparirà

in un'eclisse di noia

celata agli occhi

lasciami tu

fra confini immaginati

duna a mutare






lunedì 12 dicembre 2011

Dai vetri







Attingo
ad una sera d'autunno
quando la pioggia scendeva
contemporaneamente
alla sera


Inutile istante
spalmato nel grigio di piombo
frenato dal rosso
di un'auto che passa
un attimo inutile
un momento di nulla
senza pensieri
lasciando alitare
il mio fiato a sfumare
-dai vetri-
il contorno del mondo












sabato 10 dicembre 2011

Gatti non foste










Vorrei essere gatto
con passo felpato 
camminare deciso
sui bordi al baratro
di sette vite
randagio e rosso al pelo
fra i tetti a leccarmi le ferite


Ho detto gatto 
sdraiato al davanzale 
lasciandovi passare 
senza degnar di sguardo 
le vostre verità alterate 
appena nate e già tradite 


sì ... gatto 



Miagolando 
dietro le vostre case 
sotto le imposte chiuse 
lasciando il pelo al fosso 
la coda tramortita 
l'alba alla luce e il buio alla dipartita 
miagolando con la luna 
la mia anima alla vita 


Ho detto gatto 


sì ... 


gatto 


Perché 
se fossi gatta 
-al fare della sera- 
allora 
sarei pantera 







martedì 6 dicembre 2011

ai rami di luna e ad un sorriso rubato





Io vado a pelle


come il muschio tra le zolle


rosea innocenza e trasparente peccato


ai rami di luna e ad un sorriso rubato


con intreccio amoroso



ho appeso le danze sinuose


di quando fui femmina tra le femmine


da un dio amorevole forgiata


e fiera d'un desiderio mal celato


che l'impassibile vento d'autunno

ha straziato




lunedì 5 dicembre 2011

Sospeso nel limbo dei segreti dove si eclissa la felicità








c'incontreremo
docili cani
leccando ferite certe
d'incerte consapevolezze


c'incontreremo come è scritto
e saremo colloso fato
umido odore di mani
sfiorate e strette


se t'avvicini a quelle sponde
resti sospeso nel limbo dei segreti
dove si eclissa la felicità


mi lascio piangere
senza gesto alcuno
men che meno


un accompagnare delle dita
libere lacrime a tracimare
dalla malinconia
come dal bordo colmo
d'un bicchiere
una ad una incredule
come guardando il mare



pianto che coglie senza far rumore
pianto che asciuga nel vento
che legge il tuo pensiero


e me lo corre a raccontare



venerdì 2 dicembre 2011

Purpurea malerba




Tra i lecci  hanno smarrito l'Estate
le foglie arrossate le piccole ciocche
di purpurea malerba
appesa ad essiccare

Echeggiano confuse
nell'eco lontana di argini e ruote
dove la nebbia scende e profana

Di labbra tinte scure dalle more


Amavo l'autunno


di quell'amore quieto

sazio di occhi e docili pensieri d'abbandono
in lui cullavo la mia mano
figlia serena d'un presagio felice
tratteggio rosa tenue
aggrappato al chiarore
d'un orizzonte ammaliato di follia
lucore incerto
di lacrime e sorrisi



e dell'inverno
l'attesa
del Giugno d'amore
di labbra tinte scure dalle more
del mare a separare
tra i sassi
i fichi dalle spine


salgo sulla memoria
e lì m'adagio


-null'altro c'è-
ove io possa stare

Palesa loro




Alle cose perse


che m'infilzano al fianco

alle urla ingoiate tra i gemiti 


ai salti dei delfini che ridono di me


al pianto che si aggruma arido 


germoglia e subito scolora


-palesa loro-


che è qui che nasco


ed è qui che muoio


scarna e disadorna 


come le case dei pescatori


che hanno l'anima d'argento dei pesci alle pareti


e dalle finestre gli sventola il mare

Ofelia senza fiori 

scivolata nella putrida lama

dove si cala il gracidare della rana 

e la libellula con quattro ali 

ha smesso di volare 




Mai cogliere una rosa


La spina conficcata
da una rosa recisa
sciocca ti punge di un dolore breve
stilla la goccia
vendicando 
il suo immaturo sfiorire

si difende 
non sa che durerà solo un istante
 il tuo dolore 
mentre 
per lei 
sarà inesorabile morire


giovedì 1 dicembre 2011

Dove ti porta il vento





Dove ti porta il vento
quando le linee curve all'orizzonte
chiudono a cerchio i tuoi pensieri
quando come fiumi corrono  i ricordi
o quando
come pietre di sepolcro
celano il  battito profano
e volano via


su ali senza piume

mercoledì 30 novembre 2011

Erano giorni di nebbia e suoni








Erano giorni


di nebbia e suoni


quelli che al tempo di Caino


tra lacerati cieli e alte maree


hanno insabbiato


- d'efferata malinconia -


l'alba priva di ogni nome

quale sipario della notte



Forse solo l'onda solerte e gelida


schiaffeggiando le caviglie


mi ricorda


a tratti


che son viva

martedì 29 novembre 2011

Labbra monelle





S'intrecciano pensieri
come nodi
tra i capelli
di quando l'innocenza si spogliò
e come  foglia verde
si concesse prematura al lago

come  donna che nascose
l'ombra di un giorno mai nato
nel  pensiero suo ribelle
e tra labbra monelle
ne serrò ogni incanto

Ubbidiente al canto delle sirene







Non trasformare l'avvicinarsi a quelle sponde


sospeso vaticinio imprigionato

dal lamento al canto




E' un sogno




Se ciò che sento è lo sciabordare delle chiglie

come se fosse una lampara
che mi richiama ancora
al giorno dell'inizio






Pena
e di timore mi temo

per quella luce sinuosa

che assecondando il mare

s'infrange morente sulla riva

insieme all'onda


Effetti di ridondanza sferica



smarrita ogni probabile via di fuga





-nemmeno quella dell'urlo-





che allevia









si cola nel dentro





riproducendo effetti

di ridondanza sferica





eco espansa

di quel vuoto









stupore imperfezione mutevolezza adattamento









il resto è solo conseguenza

Alla ninfea fiorita sull'acquitrino




Eppure era ieri
non tanto tempo fa
solo ieri che la brezza del giorno
sollevava il mio sguardo
dall'umida erba nascosto


non tanto tempo fa
solo ieri
che l'attesa era di cuore in abbondanza
tra maggi fioriti al profumo di spigo


solo ieri ho capito
solo ieri
quando di nuovo ho nascosto lo sguardo
e strappato il sorriso alla ninfea fiorita
sull'acquitrino







lunedì 21 novembre 2011

Donne d'Italia













Vi chiedo solo un attimo d'udienza


mi stringe il corsetto e lunga è la sottana





oh ...


non guardate oggi che son vestita a festa


e di sorella d'Italia ho la corona


mi chiamo Maria e sono popolana


di mestiere lavavo i panni alla fontana


m'hanno chiamato meretrice infame


allora


quando nel '66 sono scesa in piazza


ed era Ottobre a chiedere a San Marco


il diritto d'essere anche io Italiana


nel '61 ho messo la mia faccia


ho fomentato rivolte


armato braccia che cullavano materne


urlato a fianco dei fratelli


per essere uniti sotto uno stesso nome


eppure non m'hanno ripagato


ottant'anni ancora avete combattuto


per esser cittadine sotto lo stesso statuto


a strisce fatte a tricolore


nascoste come visionarie


Noi e Voi

Donne d'Italia dal '46












http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.0/it/

mercoledì 16 novembre 2011

Come d'Ottobre una bianca rosa

Con leggerezza
suoni le secche foglie
d'un incipiente autunno
raccogliendo per me 
gli umori della terra 

Mazzi intrecciati
colorati fiori di pensieri
gioiosa attesa
sospesa
come  d'ottobre una bianca rosa - 

Spogli rami
lunghe dita ad indicare
dolci spine che sorridendo
s'aprono al frutto 

ti prendo a coccole di ginepro 
rosso cupo odoroso come al tramonto 
d'un pallido sole

Disciolta è l'estate
nel suo dolce languire

martedì 15 novembre 2011

La vita vestì a festa le sue lacrime



Si abbandonano suicide le parole

-le mie-
per la verginità del foglio che le brama come cosce d'amante
che nell'inganno t'invoglia a colmare l'arsura
di quando la vita mi scelse
e vestì a festa le sue lacrime
lasciando nel dilemma ogni risposta
Perché io?
Che turbamento in quei bisbigli che soffiano alla mente
"la malinconia è la gioia d'esser tristi"
e violandole t'appassioni alle sensuali forme delle mie colline
e con lo sguardo ne accarezzi i cieli


Liquido flusso di armonie



Così ti sento
alveolo dischiuso e umido
mi accogli come ampolla rotonda 
di pregiato vetro d'alchimia 
mia essenza 
mio prodigio infinito 


rovinoso e inarrestabile 

scivoli di linfa

che è sangue e non si vede 

-finché non si apre la ferita-

ma c'è ed è vitale



svelato nel cerchio 
senza fine e senza inizio

Come di pettirosso sull'ultima neve

Risultati immagini per pettirosso neve dipinto




La bava di vento respira 
nel fumo delle stoppie riarse
al disagio s'arrende
affidandogli i polsi 
serrati con lacci 
a togliere il fiato


Chiedo ai poeti le loro orme leggere 

- come di pettirosso sull'ultima neve -

o il sospiro sospeso fra le loro parole 

o un balsamo

- purché possa lenire


Fosse di nuovo il tempo dell'insonnia


Avessi il suono che di nacchera
gli calpestò la notte
e della notte mi fece padrona




Calda e invitante
al pasto della Luna


Notte
da trattenere
a morsi sulla pelle


Notte
di quando rubai
il sonno degli amanti
con le mie gambe nude ai sedotti mattini
con le aurore a piovere a dirotto
d’anima e destini

Ah!
Fosse di nuovo il tempo
dell’insonnia
delle ore maledette
e delle labbra strette
in cerca d’abbandono


Il lupo

IL LUPO






Verrà lo so
verrà
il giorno dell'alitare gelido
che annebbierà l'aria osservando la preda
al sorriso del lupo

Non è cattivo 
ha il pelo irto e grigio e spinato
ma lecca i cuccioli 
e io so che in quel fiato
lui mi starà accanto
e mi segnerà la strada bucando la neve
e quando il sole farà rosee le chiome dei cipressi
(e ci velerà di nuovo la vista)
saprò lo so 
saprò 
e sarò guarita


Merigge





Non è vicino chi si avverte

nella distanza d'un volgere di sguardo

ma chi ti scrive sul palmo della mano

solchi indelebili

lasciando limo sulle sponde

e germogliando esistenze nuove


Inesauribili traguardi d'estuario

con la certezza di arrivare al mare

Ed è in quel mare che con un cappello di paglia sull'anima

nella merigge aspettai il tramonto

e l'ombra sua allungò

sopra di me

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Non sia mai ch'io ponga impedimenti all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza. Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato. W. Shakespeare

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