POESIE

lunedì 31 dicembre 2012

Buon 2013


Saluto il 2012 e con lui qualche giorno difficile, un po' di salute acciaccata, tante cose irrisolte come eredità per l'anno che verrà e qualche chilo in più regalato da tutti i pranzi e i cenoni. Di lui mi tengo tante piccole gioie, diversi sorrisi, un bel po' di risate, qualche soddisfazione e gli amici nuovi trovati qui, fra le righe del mio blog.
Tanti amici coi quali ho condiviso i miei pensieri e quelle emozioni  che, con esagerazione ed ottimismo, qualcuno ha definito poesie.
Alla mezzanotte di questo mondo virtuale un non virtuale... BUON 2013 !

domenica 30 dicembre 2012

L'imperfetto

Del seme che il vento 
ha portato lontano


Del giglio nato 
in mezzo al pantano

Il cromosoma finito 
nel posto sbagliato

o il pensare diverso 

da ciò che è pensato


Del pazzo che regge  la luna 
sulla punta del dito

Imperfetto
Perfetto
Creato 

... il difetto è di Dio
l'umano afflato 

venerdì 21 dicembre 2012


Avremmo potuto (fingendo che sia davvero la fine del mondo)



Potrebbe essere il rimpianto a tenerci in pugno, a stringerci fra le spalle quando ormai, ricurvi e fragili, mal sopporteremo i giorni che verranno. Potrebbe essere un vago senso di rammarico, per l'incapacità a perseverare nel cercare di evitarlo ogni giorno della vita. Uno, forse di più ma di certo uno.  Quell'uno, quello in particolare, ricacciato perchè troppo sogno o troppo perfetto o troppo dolente.  Riposto nel segreto di un cassetto, fra la spiga di lavanda, i fazzoletti ricamati della nonna e le certezze, sì, fra quelle certezze che avranno scelto per noi. Le stesse che,  certamente, ci chiuderanno  gli occhi.

Anto



venerdì 7 dicembre 2012

Comincia dagli occhi



Comincia dagli occhi
che strano
non sono i tuoi suoni
mi scalda la voce un po' roca

ma vedo
ed è questo a portarmi lontano


La mano
che stringe
che dolce accarezza


le nuche imbiancate
la scure
che spacca 
la brezza che arriva dal mare


Le foglie d'ulivo
bruciare
nel tuo focolare


Vedo le strade
deserte
assolate
ma fredde
adesso che è finita l'estate
e della rosa non resta
che l'ombra
fiorita sul muro













































La soffitta


Un velo di nebbia
trucca da sera il mattino 

Il tempo nudo 
sdraiato su un ricordo
finge di aspettare
rosicchiando
i fili del telefono

La soffitta 
s'illumina di fiori 
raggirando l'olfatto
con  un profumo che non c'è 

Si muovono passi
come coda di cane
e si fanno progetti 
per i giorni a venire

(come se nulla potesse cambiare)

Una luce tarlata
s'affaccia sul cortile
e porta  l'odore  buono delle case
mentre si prova il canto 
per chi dovrà tornare

Di notte
sanno di sfida i vicoli
dove ragazzi scaltri
quasi adulti
tirano calci alle ore
e il campanile
abbracciando la campana
le fa dimenticare di suonare

giovedì 6 dicembre 2012

Altro non sono che un gioco della sorte


Nata qui se non altrove
forse stella 
o forse solo la sua scia

Mi scopro appartenere 
al vento sincero 
d'autunno

Tra quei vortici di nulla
di me tu vedi
il sollevarsi delle foglie
o la polvere 
che ti stizzisce l'occhio

silente 
a volte 
sibilo
o par che io canti fra le imposte chiuse
o che accarezzi il capo alle messi disperse
d'un Giugno lontano

Pura illusione
sono soltanto
un'anima fugace
rappresa e senza pace
persa nell'incanto
d'un falso cielo cristallino



sabato 1 dicembre 2012

ANTOLOGIA

Raccolta di poesie d'Autunno 

(dal greco anthologia: raccolta di fiori)









E così te ne vai tu pure, estate.

Di giorno in giorno più breve è la luce,

più basso il cielo.

Un'ala lunga di vento

si stende liscia su la faccia del mondo.

E’ il vento umido, molle, delle sere precoci.

Cosa più resta al vecchio cuore

che già si gonfia di pianto?

Restano le tristi dolcezze di autunno

E la luce dell’ultima sera.

(Diego Valeri, Poesie, Ed. Mondadori)


Autunno

Autunno. Già lo sentimmo venire

nel vento d'agosto,

nelle piogge di settembre

torrenziali e piangenti,

e un brivido percorse la terra

che ora, nuda e triste,

accoglie un sole smarrito.

Ora passa e declina,

in quest'autunno che incede

con lentezza indicibile,

il miglior tempo della nostra vita

e lungamente ci dice addio.

(V. Cardarelli, Poesie, Ed. Mondadori)


Primo autunno

Si dà di primo autunno un tempo

meraviglioso e breve:

il giorno è come di cristallo

e luminose son le sere ...

Dove passò la forte falce e cadde

la spiga, è tutto vuoto ora ed aperto:

solo del ragno tenue filo

scintilla nell'aperto solco.

L'aria è deserta, uccello più non s'ode,

ma son lontane ancora le bufere infernali

e il puro e caldo azzurro si rovescia

sulla campagna che riposa.

(F Tjutcev, poeta russo)


Paesaggio

Una nebbia leggera, un cielo pallido

e molti desideri.

Sopra il campo ove l'erba s'è chinata

come a un soffio di sogno, s'è posata

la tenera rugiada.

Questa notte ha sostato qui l'autunno.

Una nebbia leggera, un cielo pallido

ed un poco di fumo,

sopra le vecchie case.

Sembra che l'ultimo soffio della loro vita

spiri dai loro tetti.

Una nebbia leggera, un cielo pallido

e povero di speranze.

(I. Andric, poeta bosniaco)


Galline

Al cader delle foglie, alla massaia

non piange il vecchio cor, come a noi grami:

ché d'arguti galletti ha piena l'aia;

e spessi nella pace del mattino

delle utili galline ode i richiami:

zeppo, il granaio; il vin canta, nel tino.

Cantano a sera intorno a lei stornelli

le fiorenti ragazze occhi pensosi,

mentre il granturco sfogliano, e i monelli

ruzzano nei cartocci strepitosi.

(Giovanni Pascoli, Myricae, Editore Mondadori)


Arano

Al campo, dove roggio nel filare

qualche pampano brilla, e dalle fratte

sembra la nebbia mattinal fumare,

arano: a lente grida, uno le lente

vacche spinge; altri semina; un ribatte

le porche con sua marra paziente;

ché il passero saputo in cor già gode,

e il tutto spia dai rami irti del moro;

e il pettirosso: nelle siepi s'ode

il suo sottil tintinno come d'oro.

(Giovanni Pascoli, Myricae, Editore Mondadori)


Nella pianura

Nella pianura gli alberi brillano

con un ultimo sfarzo:

scintillano d'oro e di rame,

splendore di bronzo e di legno.

I piedi dei buoi sprofondano

nell'umida terra,

le grigie montagne spariscono

nel fumo.

(Nazim Hikmet, poeta turco)


Hare Drummer

Vanno ancora ragazzi e ragazze da Siever

a bere sidro, dopo la scuola, sul finir di settembre?

O a raccogliere nocchie nei boschetti

della fattoria di Aaron Hatfield quando comincia la gelata?

Perché molte volte con i ragazzi e le ragazze ridenti,

giocavo io lungo la strada e sui colli

quando il sole era basso e l'aria fresca,

fermandomi a percuotere il noce

ritto, ormai senza foglie, contro il tramonto in fiamme.

Ora, l'odore del fumo d'autunno,

e le ghiande che cadono,

e gli echi per le valli

portano segni di vita. Gravitano su di me.

M'interrogano:

dove sono quei compagni ridenti?

Quanti sono con me, quanti

nei vecchi frutteti lungo la strada per Siever,

e nei boschi che guardano

sull'acqua tranquilla?

(Edgar Lee Masters, poeta statunitense
Antologia di Spoon River, Ed. Newton)


L’oro d'autunno

L’oro d'autunno sale giorno a giorno,

per gradini di verde

lungo il fuso del pioppo,

fino all'esile vetta. Ancora resta

lassù sospeso, un breve tempo; e intanto

l'ultimo verde cade. Poi nel bianco

cielo, come una fiamma fatua, dolce –

mente si esala, vola via, si perde.

(Diego Valeri, Poesie, Ed. Mondadori)


L'autunno

Che succede di te, della tua vita,

mio solo amico, mia pallida sposa?

La tua bellezza si fa dolorosa,

e più non assomigli a Carmencita.

Dici: « È l’autunno, è la stagione in vista

sí ridente, che fa male al mio cuore ».

Dici – e ad un noto incanto mi conquista

la tua voce – : « Non vedi là in giardino

quell`albero che tutto ancor non muore,

dove ogni foglia che resta è un rubino?

Per una donna, amico mio, che schianto

l'autunno! Ad ogni suo ritorno sai

che sempre, fino da bambina, ho pianto ».

Altro non dici a chi ti vive accanto,

a chi vive di te, del tuo .dolore

che gli ascondi.; e si chiede se più mai,

anima, e dove e a che, rifiorirai.

(Umberto Saba, Il Canzoniere, Ed. Einaudi)


Ottobre

Un tempo, era d'estate,

era a quel fuoco, a quegli ardori,

che si destava la mia fantasia.

Inclino adesso all'autunno

dal colore che inebria,

amo la stanca stagione

che ha già vendemmiato.

Niente piú mi somiglia,

nulla piú mi consola,

di quest'aria che odora

di mosto e di vino,

di questo vecchio sole ottobrino

che splende sulle vigne saccheggiate.

Sole d'autunno inatteso,

che splendi come in un di là,

con tenera perdizione

e vagabonda felicità,

tu ci trovi fiaccati,

vòlti al peggio e la morte nell'anima.

Ecco perché ci piaci,

vago sole superstite

che non sai dirci addio,

tornando ogni mattina

come un nuovo miracolo,

tanto piú bello quanto piú t'inoltri

e sei lí per spirare.

E di queste incredibili giornate

vai componendo la tua stagione

ch'è tutta una dolcissima agonia.

(Vincenzo Cardarelli, Poesie, Ed. Mondadori)


Autunno

In tenue luce l'autunno si spoglia.

Una rete di nervi esili e un velo

d'oro diafano, tesi sotto il cielo:

l'autunno è quel che resta d'una foglia.

(Diego Valeri, Poesie, Ed. Mondadori)9

Era l’autunno dell’uva

Tremava la pergola numerosa.

I grappoli bianchi, velati,

coprivano di rugiada le sue dolci dita,

e le nere uve riempivano

le loro piccole mammelle traboccanti

di un segreto fiume rotondo.

Il padrone di casa, artigiano

dal magro volto, mi leggeva

il pallido libro terrestre

dei giorni crepuscolari.

La sua bontà conosceva il frutto,

il ramo del tronco e il lavoro

della potatura che lascia all'albero

la sua nuda forma di coppa.

Con i cavalli conversava

come con immensi bambini: venivano

dietro lui cinque gatti

e i cani di quella casa ...

Egli conosceva ogni ramo,

ogni cicatrice degli alberi,

e m'insegnava la loro voce antica

accarezzando i cavalli.

(Pablo Neruda, poeta cileno)

Bosco autunnale

Il bosco autunnale è tutto chiomato.

V’è ombra e sonno e silenzio.

Nè il picchio, la civetta e lo scoiattolo

lo ridestano dal sonno.

E il sole pei sentieri autunnali

entrando sul declino del giorno

sbircia intorno guardingo...

(Boris Pasternak, poeta russo)


Bosco d'autunno

A che somiglia un bosco in pieno autunno?

Soprattutto ad un sommesso incendio.

Lambiscono mute la coppa dei cieli

gialle lingue di fiamma.

Più d'uno scialle zingaro è screziato

il bosco ancora un po' verde.

Ad ogni albero, come a un falò,

puoi riscaldarti l'anima.

(B. Sluckij –poeta russo, trad. A. Ripellino)


Fuochi di novembre

Bruciano della gramigna

nei campi

un'allegra fiammata suscitano

e un fumo brontolone.

La bianca nebbia si rifugia

fra le gaggie

ma il fumo lento si avvicina

non la lascia stare.

I ragazzi corrono attorno

al fuoco

con le mani nelle mani

smemorati,

come se avessero bevuto del vino.

Per lungo tempo si ricorderanno

con gioia

dei fuochi accesi in novembre

al limitare del campo.

(Attilio Bertolucci, Poesie, Ed. Garzanti)


La foglia morta

Lungi dal proprio ramo,

povera foglia frate,

dove vai tu? Dal faggio

là dov'io nacqui, mi divise il vento.

Esso, tornando, a volo

dal bosco alla campagna,

dalle valle mi porta alla montagna.

Seco perpetuamente

vo pellegrina e tutto l'altro ignoro.

Vo dove ogni altra cosa,

dove naturalmente

va la foglia di rosa

e la foglia d'alloro.

(Giacomo Leopardi)


I morti

Lascia che lo squallore dell'autunno

distenda la nebbia bassa sulla terra

e il giorno avanzando lunghe nubi

chiudano nevose il cielo lontano.

La fragile spoglia degli alberi (quelle

gaggie e siepi deserte e solitarie)

trema per un volo troppo raso

di passeri, è il tempo più grigio

e dolce dell'anno, prima ancora

che brilli la bacca improvvisa

dell'inverno. Lo scricciolo

lo saluterà col suo becco minuto.

L'uomo cammina solo e le foglie umide

che gli ingombrano il passo per i campi

non lo lasciano andare lontano, se pure

una turba familiare io chiami, confusa

nella ruggine lagrimosa delle ultime piante.

(Attilio Bertolucci, Le poesie, Editore Garzanti)


Pensiero d'autunno

Fammi uguale, Signore, a quelle foglie

morbide, che vedo oggi nel sole

tremar dell'olmo sul più alto ramo.

Tremano, sì, ma non di pena: è tanto

limpido il sole, e dolce il distaccarsi

dal ramo, per congiungersi alla terra.

S'accendono alla luce ultima, cuori

pronti all'offerta; e l'agonia per esse,

ha la clemenza d'una mite aurora.

Fa' ch'io mi stacchi dal più alto ramo

di mia vita, così, senza un lamento,

penetrata di Te come nel sole.

Ada Negri

martedì 27 novembre 2012

Omaggio a Mercedes Sosa

Ecco la versione  originale di Mercedes Sosa a cui Vinicio Capossela rende omaggio con la sua Cansion de las simplas cosas





“Uno se despide, insensiblemente
de pequellas cosas
lo mismo que un arbol
que en tiempo de otoño
se queda sin hojas
al fin la tristeza es la muerte lenta
de las simples cosas
y esas cosas simples
que quedan doliendo
en el corazón



Uno vuelve siempre
a los viejos sitios
donde amo la vida
y entonces comprende
como estan de ausentes
las cosas queridas
por eso muchacho no partas ahora
soñando el regreso
que el amor es simple
y a las cosas simples las devora el tiempo

Enamorate aqui
en la luz mayor
de este medio dia
donde encontraras
con el panal sol
la mesa tendida
por eso muchacho no partas ahora
soñando el regreso
que el amor es simple
y a las cosas simples las devora en tiempo

Uno vuelve siempre
a los viejos sitios
donde amo la vida”.

Senza fiabe e rosari (poesia di Red foto di Antonio Andreatta)


Passeggiando per i blog spesso trovo "cose".  A volte è l'occhio che non si sazia di una immagine o l'orecchio del suono di una musica sconosciuta.  A volte, invece, sono singole parole, nuove, da imparare; a volte gruppi di parole, che sono storie, racconti, poesie. Li leggo, li rileggo, li ascolto, li guardo, ci penso su. Per alcuni di essi però, scatta il desiderio di appropriarmene. Un desiderio irrefrenabile di portarli via.

Stavolta è successo a questo post di Red ed alla foto del suo amico Antonio Andreatta.

Ho chiesto il permesso, (sono una ladra gentildonna) e sono in pace col mondo, sorridendo appendo le mucche e la poesia sulle pareti del mio blog.





Sfila sotto la neve
lento corteo di dame
occhi grandi e pazienti
ricordano la strada.

Ogni tanto dal fitto
di quei corpi pesanti
fra lo scuotere d'orecchi
che tremano 
attenti a una voce più forte

fa capolino un muso 
velato dal respiro,
mite nel riconoscere
la strada del ritorno.

Chissà se hanno davvero
la certezza del mondo
che passa loro accanto,
mobili campanili
al primo gelido vento.

Sembra che suonino a festa
nel loro lento andare.
Un riparo li attende
alla fine del giorno
e un inverno di veglie
solitarie
senza fiabe e rosari.




red




giovedì 22 novembre 2012

A mio padre che mi ha insegnato a ballare e che, se fosse ancora qui oggi,  questa,  la ballerebbe con me...






“Uno si separa insensibilmente
dalle piccole cose
come fan le foglie
che in tempo d’autunno
lasciano nudo il ramo
e infine la tristezza
è la morte lenta
delle semplici cose
queste semplici cose
che cadon dolendo
sul fondo del cuore



Uno torna sempre
nel suo vecchio posto
dove amò la vita
e allora comprende
come stan da assente
le cose che ha amato

Per questo muchacha
non partire ora
sognando il ritorno
perché semplice è l’amore
e le semplici cose
se le divora il tempo

Dimorati qui
nella luce solar
di questo mezzo giorno
dove troverai
con il pane e il sole
la tavola imbandita

Per questo muchacha
non partire ora
sognando il ritorno
perché semplice è l’amore
e le semplici cose
se le divora il tempo”.




mercoledì 21 novembre 2012

La poesia è una maschera





La poesia è una maschera che indossi
per parlare d'amore e di paura
liberamente
senza pudori falsi e reticenze.
Scrivendo versi
puoi dire con disinvoltura
cose che più nessuno dice,
cose che in altro modo non diresti;
puoi distillare il senso alle parole,
adoperare verbi
che nessuno si arrischia a pronunciare;
puoi urlare, se ti va, dolori e rabbie
senza la compostezza che ti impone
la convenzione del vivere sociale;
puoi sputare in faccia al mondo
i disgusti che dovresti trangugiare;
puoi implorare uno sguardo,
confidare il bisogno di carezze,
rivelare una cotta, piangere un distacco,
cantare la noia, descrivere il delirio,
tracciare i contorni alla paura,
sciogliere la dolcezza, annegare nell'angoscia
sfogare il rancore e cullarti nel rimpianto,
ubriacarti nell'estasi e sfinirti nell'inerzia,
perderti fra le nebbie della nostalgia,
distillare la rabbia,
afferrare un sogno, morir di desiderio.
Con la poesia
hai licenza di credere e sperare,
di ammettere il bisogno di piegarti
o gridare la voglia lottare.
Puoi coltivare la tenerezza o l'amnesia.
Puoi dar ragioni al cuore che le cerca,
e cuore alla ragione.


Omero Sala



martedì 20 novembre 2012

Mangrovia


Affondo sospesa
in una terra salmastra
dove l'anima si sdoppia
e un  limo fecondo ne placa la marea

Non ho paura degli occhi gialli della tigre
né del ronzio noioso degli insetti
che fra le mie radici cercano riparo

Ho folte chiome 
io
dove nidi di pensieri
abbozzano la vita
e notti calde ed umide stupite 
vegliano al canto degli uccelli




mercoledì 14 novembre 2012

Lo chiamerò sorriso questo viaggio


Voglio seguire le folaghe nel volo
andarmene con loro
cambiando le mie 
piume

Migrare 
nel cuore saggio della notte

Volando tra la luna 
e l'ultimo suo raggio
imparerò a scrutar le rotte

Lo chiamerò sorriso questo viaggio
seguendo l'ansa del tuo fiume

Incontri

Lieti fiati appannati
da soliloqui incompresi
come tremori 
come flebili respiri

D'inquietudine sereni
dolci  come ricompense
brevi 
come certe notti dense

Lo sguardo che si perde tra i canneti
della laguna che ricorda il mare
mentre la sera 
che si attarda ad ascoltare 
il desiderio muto di un amore
lascia l'odore di risacca tra le dita
e di nebbia sui risvolti dei cappotti 
che hanno braccia tiepide da accarezzare











martedì 13 novembre 2012

Ella




C'est comme une gaieté 

Comme un sourire

Quelque chose dans la voix

Qui paraît nous dire "viens"

Qui nous fait sentir étrangement bien


C'est comme toute l'histoire

Du peuple noir

Qui se balance

Entre l'amour et l'désespoir

Quelque chose qui danse en toi

Si tu l'as, tu l'as


Ella, elle l'a

Ce je n'sais quoi

Que d'autres n'ont pas

Qui nous met dans un drôle d'état

Ella, elle l'a

Ella, elle l'a

Ou-ou ou-ou ou-ou ou

Elle a, ou-ou ou-ou ou-ou ou, cette drôle de voix

Elle a, ou-ou ou-ou ou-ou ou, cette drôle de joie

Ce don du ciel qui la rend belle


Ella, elle l'a

Ella, elle l'a

Elle a, ou-ou ou-ou ou-ou ou

Ella, elle l'a

Elle a, ou-ou ou-ou ou-ou ou


Elle a ce tout petit supplément d'âme

Cet indéfinissable charme

Cette petite flamme


Tape sur des tonneaux

Sur des pianos

Sur tout ce que dieu peut te mettre entre les mains

Montre ton rire ou ton chagrin

Mais que tu n'aies rien, que tu sois roi

Que tu cherches encore les pouvoirs qui dorment en toi

Tu vois ça ne s'achète pas

Quand tu l'as tu l'as


Ella, elle l'a

Ce je n'sais quoi

Que d'autres n'ont pas

Qui nous met dans un drôle d'état

Ella, elle l'a

Ella, elle l'a ...





"E' come una gioia


come un sorriso


qualcosa nella sua voce


sembra dire ... vieni


e ci fa sentire stranamente bene"

sabato 10 novembre 2012

L'Angiolla


L’Angiòlla l’è una fascèna d’òsi impalurìdi
streti int’una ligaza ad strèz nir
.
Lia la cnos tot i fos
a gl’erbi boni pri cunèi
al videibi dal rivi
i caplet dal sèvi ad spèn
la zolla saibadga e agl’ombri
ch'a la sera al fa lom in te scur dal seibi
Al vosi dal ca dov us sent
i segn dla saeta in te tronc dl’arora.
.
La sera la ven zò dagli incult
da e'bosch che crès, finidi al vegni.
Un ligàz ad stech int la faldèda
e un d’erba, sora la testa
La ven olta pianin pianin:
la fèlza infileda int’è grambìl
.
L’Angiòlla l’ha e’parfom
chi lasa in tal men i garibaldin
quand ta gni truv piò invèl.
E zocar invisebil dal su meni rovdi
sora la faza ad me burdèl.
.
L’Angiòlla l’è sparida
un inveran ch’un sè più fat istèda.

A la sent dal volti, a nuvembar.
Int e’vent che ven zo da la culèna
Una carèza alzìra sora tota cl’erba antiga
E’ i occ i rid, chi pè chi rogia 






L’Angiòlla è una fascina di ossa decrepite
strette in un legaccio di stracci neri
.
Lei conosce tutti i fossi
le erbe buone per i conigli
le vitalbe delle rive
i cappelletti delle siepi di rovi
la cipolla selvatica e le ombre
che la sera fanno luce nel buio delle selve.
Le voci delle case dove ci si sente
I segni del fulmine nel tronco della quercia.
.
La sera viene giù dagli incolti
dal bosco che cresce, finite le vigne.
Un fagotto di stecchi sul fianco
e uno d’erba sulla testa
Viene giù piano piano:
la falce infilata nel grembiule.
..
L’Angiòlla ha il profumo
che lasciano nella mani i garibaldini
quando non li trovi più.
Lo zucchero invisibile delle sue mani ruvide
sopra la faccia di me bambino
.
L’Angiòlla è sparita
un inverno che non s’è più fatta estate.

La sento delle volte a novembre.
Nel vento che scende dalla collina
Una carezza leggera sopra tutta quell’erba antica
E gli occhi ridono, che pare che piangano.



.
.Dal blog Curiosidelmare.blogspot.com

domenica 4 novembre 2012

Sai


sai
si è specchiato il tuo viso
nel sorso rimasto
in fondo al bicchiere colmo d'illusioni
e di pervicace maestria
mentre il commiato
in fondo alla strada
mi sembrava lontano

Io guardavo e non capivo
e intanto camminavo
ascoltando le luci che scendevano a sera
e la bocca assetata di un breve sospiro
arrancava
come gatta di strada
miagolando alle ombre che nere
le paravano il passo
mentre l'unico -sasso che il mare ha consumato-
l'ho ridato al sale di un giorno assolato

sai
ho imparato
che è lungo un cammino
che si vedono gli alberi
e che le ombre
al sole
non tramontano mai

giovedì 25 ottobre 2012

Passacaglia da Stefano Landi a Franco Battiato




Chi era Stefano Landi?

Battezzato il 26 febbraio 1587, Stefano Landi nel 1595 entrò come putto soprano al Collegio Germanico, forse sotto il magistero di Asprilio Pacelli.

Ricevette gli ordini minori nel 1599 e fu ammesso al Seminario Romano nel 1602. Negli Annali del Seminario di Girolamo Nappi è ricordato come compositore di una pastorale nel Carnevale nel 1607; nel 1611 il suo nome appare anche tra gli organisti e tra i cantori. In quegli stessi anni Agostino Agazzari era maestro di cappella al Seminario, ed è probabile che sia stato tra gli insegnanti di Landi. Nel 1614 e sino al 1617 Stefano Landi divenne maestro di cappella nellachiesa di Santa Maria della Consolazione.

Nel 1618 si trasferì e fu al servizio del vescovo di Padova, Marco Corner, a cui dedicò una raccolta di madrigali a cinque voci pubblicata a Venezia nel 1619. Nello stesso anno stampò anche la sua prima opera, La morte d'Orfeo, musicalmente debitrice, almeno in parte, all'Eumelio di Agostino Agazzari, quest'ultimo rappresentato a Roma nel carnevale del 1606 proprio al Seminario Romano.

Nel 1620 ritornò a Roma, dove passerà il resto della sua vita. Tra i suoi mecenati ci saranno i Borghese, il cardinale Maurizio di Savoia, e i Barberini. Questi ultimi saranno i suoi contributori più importanti tra la fine degli anni 1620 e1630. Il 29 novembre 1629 entrerà nel coro della cappella musicale pontificia come contralto.

Per la famiglia Barberini scriverà la sua opera più celebre, il Sant'Alessio, scritta su testo di Giulio Rospigliosi e rappresentato nel carnevale del 1632.

Stefano Landi fu un compositore prolifico; scrisse messe, arie e responsori, la maggior parte nello stile della seconda prattica del primo Barocco.

Oltre all'indubbia genialità del compositore, contribuì al suo successo la capacità di intrattenere ottime relazioni con l'aristocrazia contemporanea, da cui seppe trarre intelligente profitto.

Nel 1636 cominciò a soffrire di problemi di salute. Il 26 ottobre 1639, due giorni prima di morire, Landi dettò le sue ultime volontà. Fu il primo a essere seppellito nella tomba comune dei cantori pontifici nella Chiesa Nuova. Nell'inventario dei beni ereditari furono segnati una grande quantità di manoscritti e musica stampata, oltre a molti strumenti musicali.
Il primo libro di madrigali a cinque voci e basso continuo è rispettoso del linguaggio musicale del tardo XVI secolo, da cui si distingue essenzialmente per l'adozione del basso continuo, del resto ormai largamente utilizzato dai compositori. Altri generi di musica profana, come arie e canzoni, queste ultime spesso nello stile strofico e semplice della villanella dimostrano la versatilità di Landi.

La Missa in benedictione nuptiarum, scritta per i cantori pontifici, pur presentandosi nel consueto organico senza strumenti – peculiare di quella cappella – non ricalca lo stile arcaico del passato, evidenziando un linguaggio compositivo ricco di elementi esornativi.

La morte d’Orfeo è tra i primi importanti melodrammi italiani, e anche il primo su soggetto profano a essere rappresentato a Roma.

Parte della sua produzione è andata perduta.

(da Wikipedia)

Testo di Stefano Landi

Oh come t'inganni
se pensi che gl'anni
non hann' da finire,
bisogna morire.

È un sogno la vita
che par sì gradita,
è breve gioire,
bisogna morire.
Non val medicina,
non giova la China,
non si può guarire,
bisogna morire.

Non vaglion sberate,
minarie, bravate
che caglia l'ardire,
bisogna morire.
Dottrina che giova,
parola non trova
Che plachi l'ardire,
bisogna morire.

Non si trova modo
di scoglier 'sto nodo,
non val il fuggire,
bisogna morire.
Commun'è statuto,
non vale l'astuto
'sto colpo schermire,
bisogna morire.

La morte crudele
a tutti è infedele,
ogn'uno svergogna,
morire bisogna.
È pur ò pazzia
o gran frenesia,
par dirsi menzogna,                                                                       
morire bisogna.

Si more cantando,
si more sonando
la Cetra, o Sampogna,
morire bisogna.
Si muore danzando,
bevendo, mangiando;
con quella carogna
morire bisogna.

I Giovani, i putti
e gl'Huomini tutti
s'hann'a incenerire,
bisogna morire.
I sani, gl'infermi,
i bravi, gl'inermi
tutt'hann'a finire,
bisogna morire.

E quando che meno
ti pensi, nel seno
ti vien a finire,
bisogna morire.
Se tu non vi pensi
hai persi li sensi,
sei morto e puoi dire:
bisogna morire.




Franco Battiato e Mario Sgalambro





 

Testo di Battiato e Sgalambro


Ah! come t'inganni se pensi che gli anni non han da finire

è breve il gioire.

I sani, gl'infermi, i bravi, gl'inermi, è un sogno la vita che par sì gradita.

Vorrei tornare indietro per rivedere il passato,

per comprendere meglio quello che abbiamo perduto.

Viviamo in un mondo orribile.

Siamo in cerca di un'esistenza.

La gente è crudele, e spesso infedele, nessun si vergogna di dire menzogna.

I giovani, i putti e gl'Huomini tutti non vale il fuggire si plachi l'ardire.

Vorrei tornare indietro, per rivedere gli errori, per accelerare il mio processo interiore.

Ero in quinta elementare,

entrai per caso nella mia esistenza...

fatta di giorni allegri

e di continue esplorazioni,

e trasformazioni dell'io.

Vorrei tornare indietro nella mia casa d'origine,

dove vivevo prima di arrivare qui sulla Terra.

Entrai per caso nella mia esistenza

di antiche forme di insegnamenti

e trasformazioni dell'io.

** tratto da "Passacaglia della vita" di Stefano Landi, libero adattamento di Franco Battiato - Manlio Sgalambro


Piet Mondrian





martedì 23 ottobre 2012

Ma quante belle figlie Madamadorè


Da sempre alla ricerca
dell'emozionale
che esuli dall'ovvio
e dal banale

Un don Chisciotte de la Mancha
o un Sancho senza pancia
oltre non mi spingo
perché mi viene bene
di rimar con Gringo

Green go
nel prato verde
dove crescono speranze
che si chiamano incoerenze

Sdraiata è la mia stella fra le
bianche margherite
petalo che m'ama
corolla che non m'ama
se non funziona sfoglierò l'Ortensia
o forse è meglio la Genziana?

Oscillando come il pendolo
dell'ipnotizzatore
ascoltando il flauto
dell'incantatore
ruberà il veleno del mio miele?
renderà il mio sangue amaro come fiele?

O sarà soltanto
un'altra torre di Babele?

Ma quante belle figlie Madamadorè...
me ne regali una?!

Di cuore in cuore
facendo la conta
aspettiamo che
a uscire tocchi a te

E nel frattempo sospiri
sospirando
occhieggi
occhieggiando
inizia corteggiando
quello che piace a me

Fosse così l'amare
un semplice roteare
di gonne da pavone
di sguardi tra le persiane
spiando i movimenti
tremando se mi sfiori
o se mi guardi un po'

Nascente inaspettato
fra un gioco di parole
batti e ribatti là
dove il dente duole
e ti ritrovi senza più speranza
non ne farai più senza
è la realtà che cambia
e tutto ciò che sembra
è

giovedì 18 ottobre 2012

Ottobre



Mi assale una malinconia allegra
che tinge leggera
di luce bassa
l'orizzonte

L'ala di vento
che copre il ricordo di messi dorate
tinge di mosto le foglie
e al profumo di sole favorisce l'odore
che scalda i falò di secche ramaglie
e con esse il riposo alle opere vane

Mi cinge le spalle
mentre l'acero
con le gemme rubino
aggrappate al cielo cobalto e lontano
costringe lo sguardo a cercare
oltre i rovi appassiti di more
altre spine
di asprigne castagne

E mi strega
il boccio d'amore dell'ultima rosa
che s'affaccia di giallo
sul mio davanzale


mercoledì 17 ottobre 2012

Mario Salis







" [...] Le canzoni di Salis ricordano l’atmosfera di una sala cinematografica, preferibilmente di un cinema d’essai, dove non esiste nessuna convenzione e nessuna regola, regna un girotondo di immagini a supporto del messaggio, sempre importante, dove al centro c’è sempre l’uomo, grande protagonista con i suoi drammi, i suoi diritti negati e le sue speranze. La musica è il cast, il corollario, senza la quale il protagonista non potrebbe esistere. [...] "

tratto da un articolo di Alessandro Calzetta su www.bravonline.it





Ti amerò
Mario Salis

Ti amero'
come la goccia il mare
ti amero'
come i raggi il sole
ti amero'
come i pittori la luce
ti amero'
sia in guerra sia in pace

Ti amero'
nel buio cielo
degli umidi orizzoni
ti amero'
sotto la pioggia
brucero' per te tramonti
affiche tu possa avere caldo
nel freddo delle correnti
ti amero'
tra gli abissi
tra i venti

Ti amero' perché ti ho amato
in un'altra vita
tu eri stella io viandante
io la tua camicia

Ti amero'
anche se dovessi soffrire
ti amero'
è con te che voglio stare

Ti amero'
perché ogni notte ha bisogno della sua luna
ti amero'
perché tu sei
il sangue della mia vena

Ti amero'
a mezzoggiorno
nei boulevards di Parigi
Ti amero'
perché tu sei
la luce delle mie luci

Ti amero' perchè l'ho scritto
nella sabbia del mio deserto

quando perdi tutto te stesso
quello che conta ti resta addosso

ti amero'
che amore unisce
chi l'ha cercato

ed io in questo mondo
l'ho trovato l'ho trovato

Ti amero'
perché ogni notte ha bisogno della sua luna
ti amero'
perché tu sei
il sangue della mia vena

Ti amero'
a mezzoggiorno
nei boulevards di Parigi
Ti amero'
perché tu sei
la luce delle mie luci











martedì 9 ottobre 2012

Ecce Homo







Dove si è perso l'uomo
chi ha ingoiato la sua traccia
le sue mani callose
la risata argentina e sguaiata
della sua  semplicità

E l'anima?
E la sua essenza da libro
su cui è scritto un grande passato dov'è?

Chi ha cancellato
le labbra dal suo volto divino
mistificando la verità

E' forse schiavo
e su sé stesso ricurvo
ha smarrito la vista?
L'udito?

Chi  lo ha sepolto
nella pozza rossastra
e maleodorante
di un sangue che ha dimenticato la vena
la sferzata di un cuore che pompa

Ridicolo ed ebete si aggira
rapinato del sogno
e stremato di nuda realtà
in questa ora futile

agghindato da false illusioni
come icona scintilla


Ingabbiato e recluso
nel silenzio aberrante
di un tempo corrotto




Foto di  Carla Cerati


lunedì 8 ottobre 2012

Dopo tre giorni di uragano e tre di sole




"Ti scriverò del pero essiccato il mese scorso,

che poi

dopo tre giorni di uragano e tre di sole

si è ripreso

ed ora è lì che sta fiorendo,

sfasato e indifferente

come se fosse maggio"





Così  mi sento:
fuori di stagione
di zucca e di ragione

mi scalda il sole quando fuori piove
sorrido spesso e questo non è male
ma se cerco 
trovo la perfezione
in ciò che è inusuale

ed ecco che arrivo quando si dovrebbe andare
che piango nella gioia
e cerco la dolcezza del dolore

fiorisco di parole
se l'albero si tende carico di neve
e mi chiudo nel silenzio
quando tutto fa rumore

sono l'errore
l'errata sincronia del tempo
che pur passando
mi lascia senza età




La citazione è tratta da una poesia di Omero Sala (www.Scrivere.it)



Sotto la pioggia d’Irlanda


Poesie di Cristina Croatti

E’ grande questa autrice. E’ grande nella scelta del linguaggio mai banale, nella composizione del verso che segue intime relazioni con le parole. E’ un piacere per l’anima leggere le sue poesie, così apparentemente naturali, al punto da sembrare senza sforzo alcuno. Si capisce, invece, la sua capacità poetica di autore vero, di razza buona. Ci si immerge con lei nelle brume verdi del paesaggio irlandese, e lì si viaggia tra la natura, di poesia in poesia, coccolati e meditabondi in compagnia dell’autrice, dei suoi pensieri e delle sue sensazioni, facendoli nostri. Arrivati alla fine del libro, così come accade alla fine di un viaggio fatto in buona compagnia, ci si saluta e si spera in un incontro futuro. Si avverte la nostalgia di un commiato, e dispiace lasciarsi. Così che , arrivati alla fine, si comincia daccapo. Si rilegge e, come riguardando un album di ricordi, si riscoprono nuove emozioni.

 "... è uno dei sognatori 
sa percorrere le vie dell’immaginazione
il suo è viaggio con bagaglio leggero"

Un libro da non perdere.


ilmiolibro.kataweb.it

mercoledì 26 settembre 2012

Ballata delle madri

Mi domando che madri avete avuto


.
Se ora vi vedessero al lavoro
in un mondo a loro sconosciuto,
presi in un giro mai compiuto
d'esperienze così diverse dalle loro,
che sguardo avrebbero negli occhi?
Se fossero lì, mentre voi scrivete
il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
o lo passate a redattori rotti
a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

Madri vili, con nel viso il timore
antico, quello che come un male
deforma i lineamenti in un biancore
che li annebbia, li allontana dal cuore,
li chiude nel vecchio rifiuto morale.
Madri vili, poverine, preoccupate
che i figli conoscano la viltà
per chiedere un posto, per essere pratici,
per non offendere anime privilegiate,
per difendersi da ogni pietà.

Madri mediocri, che hanno imparato
con umiltà di bambine, di noi,
un unico, nudo significato,
con anime in cui il mondo è dannato
a non dare né dolore né gioia.
Madri mediocri, che non hanno avuto
per voi una parola d'amore,
se non d'un amore sordidamente muto
di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
impotenti ai reali richiami del cuore.

Madri servili, abituate da secoli
a chinare senza amore la testa,
a trasmettere al loro feto
l'antico, vergognoso segreto
d'accontentarsi dei resti della festa.
Madri servili che vi hanno insegnato
come il servo può essere felice
odiando chi è, come lui, legato,
come può essere, tradendo, beato,
e sicuro, facendo ciò che non dice.

Madri feroci, intente a difendere
quel poco che, borghesi, possiedono,
la normalità, lo stipendio,
quasi con rabbia di chi si vendichi
o sia stretto da un assurdo assedio.
Madri feroci, che vi hanno detto:
Sopravvivete! Pensate a voi!
Non provate mai pietà o rispetto
per nessuno, covate nel petto
la vostra integrità d'avvoltoi!

Ecco, vili, mediocri, servi,
feroci, le vostre povere madri!
Che non hanno vergogna a sapervi
- nel vostro odio - addirittura superbi,
se non è questa che una valle di lacrime.
E' così che vi appartiene questo mondo:
fatti fratelli nelle opposte passioni,
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
a essere diversi: a rispondere
del selvaggio dolore di esser uomini.



Pier Paolo Pasolini







martedì 25 settembre 2012

Massimo Gramellini




Torinese di sangue romagnolo, è giornalista e vicedirettore de La Stampa.
Da anni scrive quotidianamente un corsivo sulla prima pagina in taglio basso, intitolato "Buongiorno", dove commenta uno dei fatti principali della giornata.
Inoltre gestisce la rubrica della Posta del cuore sull'inserto settimanaleSpecchio.
Collabora inoltre con la trasmissione televisiva di Rai Tre Che tempo che fa.
Ha pubblicato, tra l'altro: Colpo Grosso (con Curzio Maltese e Pino Corrias), 1994; Compagni d’Italia, 1996; Buongiorno, 2002; Granata da legare, 2006;Cuori allo specchio, 2008; L'ultima riga delle favole, 2010; Fai bei sogni, 2012.




Incipit di "FAI BEI SOGNI"

Come ogni anno, l'ultimo dell'anno sono passato a prendere Madrina per accompagnarla dalla mamma.
Madrina è un legno antico ben conservato. Vive da sola in una casa piena di luce, dove legge libri gialli e chiacchiera con le fotografie incorniciate di suo marito. Ogni tanto cambia mensola e parla con la foto della mamma, principalmente di me.
Suppongo le taccia le informazioni più scabrose. Che ho avuto due mogli, sia pure una alla volta. E che non ho poi fatto l'avvocato.
Mentre la aiutavo a infilarsi il cappotto, e' stata lei a portare il discorso sul romanzo che le avevo regalato a Natale.
«L'ho finito stanotte...»
«Ti e' piaciuto, anche se non e' un giallo?»
«Certo, lo hai scritto tu.»
«E le pagine che riguardano la mamma?»
«Appunto di quelle volevo parlarti.»
«Sono le uniche autobiografiche. Ci ho messo un pezzo della mia storia lı' dentro.»
«Sei sicuro che sia la tua storia?»
«Perche'... non lo e'?»
«Non e' andata proprio cosı'... Caro il mio ragazzo, avrei una cosa da darti.»
L'ho vista armeggiare con chiavi da gnomo intorno ai cassetti del como'. Fra le sue belle mani piene di nodi e' spuntata una busta marrone.
Me l'ha consegnata con un tremolio nella voce.
«Dopo quarant'anni sarebbe ora che qualcuno ti dicesse la verita'.»




Incipit di "L'ULTIMA RIGA DELLE FAVOLE"

Arianna era esattamente il genere di ragazza di cui avrebbe potuto innamorarsi. Doveva darsela a gambe e sparire, prima che fosse troppo tardi.
Mancava meno di un'ora all'appuntamento e al solo pensiero starnutì. Ecco, l'avrebbe chiamata per comunicarle che un raffreddore contagioso impediva al suo naso di cenare con lei.
Rianimò una banconota che moriva di solitudine in fondo alla tasca dei pantaloni. Aveva scarabocchiato sul margine un numero di telefono con la sua grafia da gallina, ma nel comporre le cifre ebbe un'esitazione fatale e l'apparecchio gli squillò fra le mani.





CITAZIONI

L'amore è una meta che si raggiunge in due, a condizione di aver trovato la strada da soli.

La rovina non sta nell'errore che commetti, ma nella scusa con cui cerchi di nasconderlo.
La vera scelta non è mai tra il fare una cosa e il non farla. Ma tra il farla o non farla per coraggio oppure per paura.
Se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l'equilibrio per un attimo.
L'amore è un film muto: togli il volume e concentrati sui gesti.
Nessuna donna si innamorerà di te perché le leggi una poesia, ma lo farà se nel leggerla la guarderai con passione.
Se vuoi gratitudine, compila una lista di ciò a cui sei grato. Attira la fortuna chi si rende conto di quella che ha già.
Le leggi dell'amore sono matematiche, ma il desiderio frustrato detesta avere torto e c'è sempre un'eccezione in affitto per i cuori disperati.
La persona giusta è un premio, non un regalo. Quando le forze dell'universo sembrano cospirare contro di noi, non lo fanno per dissuaderci dall'obbiettivo, ma per renderci consapevoli della sua importanza.
Una persona non diventa giusta solo perché tu lo desideri.
Ma ogni volta che si perdeva guardava le stelle e prendeva coraggio.

Al di là dei sogni






Ho sciolto qui 
i nodi delle mie parole
spogliandomi
mostro le ferite
una ad una
lenite
da lacrime sincere

a lui che mi ha solcato il cielo
e reso
svelato ogni pensiero
che tesse il bozzolo
e crisalide mi sceglie
a lui io chiedo
di vestirmi il sogno
con trappole fra i rami
sì che io possa non fuggire mai

a lui che amo
come la paura
al primo d'ogni volo
come il verde aspro di una gemma
che diverrà bocciolo
come ogni arsura
ed ogni fonte che la spegne
a lui chiedo
il luccicare blu
dell'ultimo tramonto

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Non sia mai ch'io ponga impedimenti all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza. Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato. W. Shakespeare

J.W. GOETHE

J.W. GOETHE
Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile, dire qualche parola ragionevole. Johann Wolfgang Goethe

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