POESIE

martedì 17 luglio 2012

John Keats Ode sulla Melanconia









Non immergerti in Lete, no, e non spremere
il vino avvelenato dell'aconito
dalle salde radici, né dovrai
sulla pallida fronte
soffrire i baci della belladonna,
grappolo di rubino di Proserpina,
né fare il tuo rosario
con le bacche del tasso,
né divenga per te lo scarabeo
o la cupa falena
la tua Psiche luttuosa,
né sia compagno al tuo segreto duolo
villoso gufo;
perché l'ombra sull'ombra troppo assonna
e la vigile angoscia
dell'anima sommerge.
.
Ma quando su di te malinconia
improvvisa dal cielo
cadrà simile al pianto della nube
che fa levare il capo ai fiori languidi
e cela il verde colle in un sudario
d'Aprile, allora sazia
il cruccio in una rosa mattutina,
o in un arcobaleno d'onda salsa
sul lido, o nel fulgore
della peonia tondeggiante, e se
collera deliziosa ti dimostri
l'amante tua, imprigiona la sua morbida
mano e lascia che deliri
e pasciti nel fondo,
nel fondo dei suoi occhi senza pari.

Ella dimora insieme alla Bellezza-
La Bellezza che deve morire;
e con la Gioia, la cui mano è sempre
sulle labbra pel bacio dell’addio;
e vicina al Piacere doloroso,
che si muta in veleno
mentre la bocca quasi ape lo sugge;
si, nello stesso tempio del Diletto,
Malinconia velata ha il suo santuario
sovrano, non veduta da nessuno
se non da chi contro il palato fine
con ostinata lingua sa schiacciare
i grappoli di Gioia. La tristezza
della potenza tua, Malinconia,
gusterà la sua anima
fra i tuoi trofei nubilosi sospesa.

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