POESIE

venerdì 25 gennaio 2013

Padiglione delle inquiete

Ti rintani
fra le lingue taglienti
e le grida
come se il tuo dio vivesse in eterno
e il mio?
E il mio dio
dove si nasconde il mio dio
quando sente le urla salire dai fossi
a lisciare le piaghe di un intelletto malato?

Povere donne
ignudate d'amore
zittite
abortite

Sembra vano ogni loro linguaggio
di mani giunte e occhi al cielo
di preghiere ossessive e segni di croce
uno dopo l'altro
in sequenza 
da fare paura

Il dolore è negato
negato come l'amore
per chi senza tempo nè spazio
conosce una sola  ragione
fatta di grida
e gesti incompresi


Blasfeme bestemmie
che vogliono essere canto
al disattento richiamo


Spoglie stanze
sbarrate
sudore misto a liquame
da nascondere
agli occhi delle anime... sane



"... quest'alga marina dalle lunghissime ciglia

sarà la sua coperta e il suo vestito"


Per lei venuta al mondo come animale


- fra le doglie di una madre pazza -


sarà culla di stallatico



(La citazione inserita nella poesia  è tratta da "Le libere donne  di Magliano" (1953) di  Mario Tobino.)


IL PADIGLIONE DELLE INQUIETE

Il reparto di senologia della mia città si trova in quello che fu il padiglione delle "inquiete" dell'ex manicomio.
In questo padiglione venivano ricoverate quelle che presentavano disturbi psichiatrici più gravi, ma anche quelle che avevano comportamenti incompatibili con l'ordine istituzionale, come ad esempio l'omosessualità o la pratica della masturbazione. Tollerati come naturale manifestazione dovuta alla segregazione tra i sessi, fra i maschi, erano  assolutamente da reprimere fra le ricoverate donne.

Queste venivano trasferite nel padiglione delle inquiete  e lì lasciate nude ed isolate,  in stanze  chiuse e  prive di ogni arredo, persino del letto e di ogni altro servizio.
Solo un mucchio di alghe era per loro ... vestito e giaciglio; che il personale addetto ripuliva come stallatico di bestiame.

Da una cartella clinica risulta il ricovero di una di queste donne nel padiglione perchè, mostrando agitazione psicomotoria, recava "disturbo" al reparto.  Dopo due ore la donna diede alla luce una bambina.
Le doglie,  furono una motivazione sufficiente al suo trasferimento tra le  inquiete...









"Di tanti anni Tono annunciò soltanto un leggendario baluginio amoroso con una suora e subito immise anche quella scaglia nella luce della pazzia di quel momento, infatti è una delle fondamentali leggi che i matti non hanno né passato né futuro, ignorano la storia, sono soltanto momentanei attori del loro delirio che ogni secondo detta, ogni secondo muore, appunto perché fuori del mondo, vivi solo per la pazzia, quasi avessero quel compito: di dimostrare che la pazzia esiste.

Incomprensibili piante senza radici, ombre che blaterano parole senza senso e senza memoria.

E Tono anche al manicomio di Lucca continuò ad essere come un otto volante che muove nel cielo i carrozzini pieni di quattro umani che ridono felici; ogni volta che ci parlavo mi trasportava nel bel regno di una fiaba innocente, mi sembrava di entrare nel recinto domenicale di un ballo campagnolo e scorgere un giovane contadino al suo primo successo, che, uguale a un giovane re, balla, conversa, guarda e si sente il petto caldo e pieno di sangue.

La nostra storia (primo cinquantennio di secolo) è fatta di guerre, intrighi, dittature, di attenzioni e paure, la vita per noi è stata oscura e di tanto oscura in quanto vivissima e tale da richiamare le più grandi leggi; servi delle ipocrisie, schiavi in partenza dei luoghi comuni, contemporaneamente davamo concime alla libertà che ogni volta che si ripresenta è simile alla violenza e fa paura come la tirannia.

Con Tono ho passato bei minuti e, misurandomi con lui franco, sorridevo alla mia natura che mi aveva fatto non forastiero a nessuna legge. Con i matti che comunicano le loro leggi io con facilità mi accomodo, si cammina sullo stesso binario e se un improvviso spettatore dovesse d’un subito giudicare chi dei due è malato si troverebbe incerto; e tale mio esercizio, che dei giorni ripeto con frequenza, mi stanca e ritorno al mio andito con la nebbia di una vaga angoscia, quasi un convalescente, come se quei minuti che mi trasferivo nella mente del matto, abbandonano la mia, fosse come andare nell’inferno, vivere nei gironi, avere oltrepassato le fredde acque dell’Ade, e ritornassi alla vita con l’anima ancora ghiacciata dalla morte."

( da "Le libere donne di Magliano" M. Tobino)

MARIO TOBINO


Biografia

Mario Tobino nasce a Viareggio. Ragazzo vivace dopo il ginnasio, per tenere a freno una certa esuberanza e sopravvenuta insofferenza agli studi i genitori lo spediscono per un anno in collegio, a Collesalvetti. Ritornato a casa inizia gli studi liceali a Massa, ma la maturità la ottiene da privatista a Pisa. Il ragazzo già al liceo leggendo Machiavelli e Dante prova una emozione grandissima, segno premonitore della sua sensibilità e attitudine nello scrivere.

Il giovane dal carattere volitivo e insofferente, con una propensione agli studi umanistici legata ad una encomiabile aspirazione di aiutare il prossimo malato, decide di iscriversi a medicina all'Università di Pisa, studi che proseguirono e si conclusero con la laurea in medicina nel 1936 all'Università di Bologna. Contemporaneamente al periodo universitario svolge un'attività letteraria sia pur limitata per il poco tempo a disposizione, pubblicando alcuni scritti su riviste aperte ai contributi dei giovani letterati, e nel 1934 con il riscontro positivo della critica pubblica Poesie, la sua prima raccolta di versi.

Tobino dopo la laurea viene chiamato ad assolvere il servizio militare in un primo tempo a Firenze poi come ufficiale medico nel Quinto Alpini a Merano. Tornato a casa a Bologna si specializza in neurologia, psichiatria e medicina legale, e incomincia a lavorare all'ospedale psichiatrico di Ancona. Durante la sua permanenza in questo luogo di sofferenza e di disagio compone una serie di poesie, pubblicate nel 1939 col titolo Amicizia. Allo scoppio della seconda guerra mondiale viene richiamato e inviato sul fronte libico dove rimane fino al 1942: questa esperienza è raccontata nel romanzo Il deserto della Libia (1952) da cui son stati tratti due film, Scemo di guerra (1985) di Dino Risi e Le rose del deserto (2006) di Mario Monicelli.

Ritornato in Italia pubblica la raccolta di poesie Veleno e Amore, il romanzo Il figlio del farmacista e i racconti riuniti sotto il titolo La gelosia del marinaio, e riprende a lavorare in ospedali psichiatrici, prima per alcuni mesi a Firenze passando in seguito definitivamente a quello di Maggiano in provincia di Lucca. Nel 1943 partecipa attivamente alla Resistenza contro i nazifascisti in Toscana, e dalle vicende di lotta partigiana e fratricida prende spunto per scrivere il romanzo Il clandestino.

Nel dopoguerra Tobino si dedica con tutte le sue forze morali e spirituali alle sofferenze dei malati di mente, e contemporaneamente prosegue la sua attività di scrittore, raggiungendo una notorietà sempre più vasta e riconoscimenti numerosi. Muore ad Agrigento l'11 dicembre del 1991.

(Da Wikipedia)

3 commenti:

  1. Ho letto "LE LIBERE DONNE DI MAGLIANO" che ero ancora adolescente spinto da una domanda che mi premeva in quegli anni, indotta dallo stato di mia madre che già allora era piuttosto disturbata. Fu una lettura sofferta e molto partecipata. Vi erano situazioni, atmosfere, problematiche che aiutavano a inoltrarsi in quell'universo. E' stata una rivelazione quello sguardo partecipe e benevolo di Tobino dissimulato nel personaggio del medico che figura nel romanzo.
    Poteva allora esistere un atteggiamento di ascolto, di vicinanza emotiva e di comprensione nonostante la malattia erigesse spesso pareti invisibili fra chi era ritenuto sano e chi era il pazzo, il folle, il fuori di testa.
    Intuii allora che esisteva un possibile "ponte", che poteva non esserci in realtà una linea di demarcazione, fra l'universo delle persone "normali" e quell'altro spazio vertiginoso che abitavano le internate. La ritengo ancora oggi una delle letture più educative che possa fare una persona. Ti fa entrare in un'altra prospettiva e
    anche se smonta parecchie apparenti certezze senza dartene delle nuove ti apre ad un approccio più problematico verso la sofferenza e la devianza. Bello che tu abbia ricordato questo autore che in questi ultimi anni appare quasi dimenticato. Ciao, Carlo.

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  2. Ho conosciuto la cosiddetta follia attraverso una persona a me molto cara. Cosiddetta perchè non c'erano parametri per definirla, almeno io, bambina e poi adolescente e poi adulta, ero cresciuta senza il bisogno di averne. Era la zia, punto. Strana, con la quale parlavi una strana lingua. Dialoghi assurdi, dove per ore potevi affrontare cento argomenti, concatenati, ma assolutamente privi di senso. La zia che camminava in su e in giù per i corridoi di casa, gesticolando e annuendo a fantomatici interlocutori, e che a volte, si ricordava della tua presenza e all'improvviso ti chiedeva: Vuoi il pane col burro e la marmellata?. Ed io restavo lì sorpresa e sospesa, nell'attesa che un esatto secondo dopo se ne sarebbe dimenticata, per iniziare un nuovo discorso, magari sul quadro appeso nella stanza. Se ne è andata nemmeno un anno fa, ed ha continuato a vivere nel suo mondo fino ad allora. Di lei ricordo le notti passate a casa sua, ascoltando i passi che l'avvicinavano alla porta della mia camera e , gli stessi passi, che l'allontanavano per riportarla lì un istante dopo. Ricordo la sofferenza e la paura nei suoi occhi quando non riusciva a comunicare con noi, il suo disconnesso e tremante brulicare di pensieri che le si arenavano fra le labbra. Ricordo gli abbracci stretti e le risate a questa nipotina che veniva da lontano. I tentativi nel cercare di essere "normale" . Madre, moglie e ... zia. Ricordo lo scherno dei parenti, le risatine dietro le spalle, gli indici puntati e la cattiveria di chi, troppo spesso ferma il suo sguardo al dito e non vede la luna. Adesso che se n'è andata mi è rimasto il ricordo del mio vagare con lei in un mondo parallelo dove si confondono realtà e fantasia e dove l'amore si manifesta a tratti prendendo il nome di dolore.

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  3. Non sapevo che anche tu avessi una conoscenza così diretta di queste altre dimensioni del vivere.
    Allora credo che capirai cosa mi spinse nel 2006 a scrivere questo.

    Forse l'avevi già letto oppure no.Di certo comprenderai molto meglio, ora, qual'era il mio retroterra quando scrissi queste parole :

    http://curiosidelmare.blogspot.it/2006/03/reparto-psichiatrico-e-sera.html#links

    RispondiElimina

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