POESIE

mercoledì 17 aprile 2013

Giuseppe Berto

Locandina del film  del 1950 per la regia di Claudio Gora tratto dall'omonimo  libro di Berto 




Seguendo la memoria che giorni fa, nel post su Pirandello, mi portò a ricordare la mia prima esperienza scolastica di teatro a tredici anni, mi sono imbattuta in un nuovo ricordo. L'esame di maturità.
No, non proprio l'esame di maturità, ma un autore che mi lega a quella circostanza.
... preparavo l'esame orale di Italiano erano gli ultimi giorni, ormai mancava pochissimo, forse una settimana o forse meno. C'era da scegliere un autore da portare come argomento a piacere e la maggior parte dei miei compagni avevano preparato Ungaretti e Montale.
Indecisa come sempre, oscillavo da un autore all'altro. Porto questo, no questo, no, no, questo! Fino alla fatidica ultima settimana. Mi ricordai così di lui, Giuseppe Berto.
Avevo letto "Il cielo è rosso" , l'anno precedente, durante la lunga estate nella Romagna di mia nonna. Il suo modo di scrivere mi  aveva catturata e non fu poca cosa pensandoci oggi; 17 anni e il mare davanti. Eppure mi estraniava da tutto il racconto di quelle giovani vite, giovani come me e così diversi da me. Ho amato così tanto quella storia  da aver conservato quel libro ancora oggi (lo vedete? Lì dietro, sulla libreria...) .
All'epoca non c'era wikipedia ( non sono Matusalemme ma ... non c'era nemmeno il pc! Gli unici erano i grossi elaboratori IBM che facevano capolino nelle grandi imprese. Sorrido pensando all'ipad su cui mio figlio studia!) e trovare elementi per poter preparare una tesina su un contemporaneo fu davvero un'impresa. Non chiedetemi come ma ci riuscii.
Fiat esame!
Presentare Giuseppe Berto fu un gesto d'amore nei confronti di quell'autore. Mi aveva regalato una lettura tutta d'un fiato. Cercando e cercando poi, per la tesina, avevo scoperto un uomo al di là delle sue parole. scoperto tematiche sconosciute, mi ero confrontata e scontrata con le sue scelte politiche. Con la sua anarchia di destra ma anche con  il suo atteggiamento senza compromessi. La sua emarginazione dalla classe dei letterati della sua epoca.   La sua vita, la sua storia. La sua malattia così profonda, quell'inquietudine, il male oscuro che lo segnò. Uno scrittore così lontano da me, eppure, così vicino a me nell'animo.
L'esame fu un successo, ma questa è tutta un'altra storia...

Anto







iuseppe Berto nacque il 27 dicembre 1914 a Mogliano Veneto. Qui frequentò il ginnasio presso il collegio Salesiano, terminando invece gli studi classi al liceo statale di Treviso. Alla fine del liceo si arruolò nell’esercito, partecipando a diverse campagne militari in Africa. Contemporaneamente si era iscritto alla facoltà di Lettere dell’università di Padova, sebbene con poca convinzione.
Laureatosi in tutta fretta per potersi arruolare all’ingresso dell’Italia nel secondo conflitto, venne scartato alla leva e dovette ripiegare sulla meno selettiva Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e fu inviato a combattere nuovamente In Africa. Fu fatto prigioniero dagli Alleati, internato in un campo di prigionia statunitense a Hereford, in Texas. Durante la prigionia ebbe l'occasione di conoscere personaggi quali Gaetano Tumiati e Alberto Burri. Iniziò a scrivere, e al suo ritorno in Italia le bozze dei suoi primi lavori confluirono nel suo romanzo Il cielo è rosso, edito da Longanesi nel 1946. Il romanzo si rivelò un enorme successo, anche all’estero, e oltre ai riconoscimenti nazionali (Premio Firenze 1948), ricevette anche il plauso di scrittori stranieri del calibro di Errnest Hemingway.
Le opere successive Il brigante (1948) e Le opere di Dio (1951) non ottennero lo stesso successo. Unitamente a questo, l’ostracismo di cui verrà fatto oggetto dall’establishment culturale dell’epoca, che lo marchiò con l’ appellativo di “fascista”, acuirono in lui una forte depressione (probabilmente latente), cui contribuivano anche le insoddisfazioni personali nella sua professione di sceneggiatore cinematografico. L’ingresso in analisi, resosi necessario a tale punto della sua esistenza, divenne il nucleo e il motore de Il male oscuro (1964), la sua opera più nota. In questo romanzo, iniziato su consiglio del suo analista, Berto affrontò molte tematiche strettamente autobiografiche, riguardanti in particolar modo il rapporto con il padre, vissuto in modo estremamente conflittuale. Da allora la critica gli riconobbe spesso dei debiti con la poetica dello stream of consciousness joyciano, benché questo sia un paragone che rischia di ridurre la peculiarità di questo testo, considerato tra i capolavori italiani e mondiali di questo secolo.
Negli anni seguenti, Berto continuò la sua attività di sceneggiatore anche per la RAI, senza trascurare la letteratura: le opere successive, tra cui citiamo La fantarca (1965), La cosa buffa(1966) e Anonimo veneziano (1971), resa celebre dal film che ne venne tratto, non ebbero la stessa incisività de Il male oscuro, e non riuscirono a spezzare l’isolamento dello scrittore dalla vita culturale italiana. Morì di cancro, nell’indifferenza (ma solo in Italia), a Roma, il 1° novembre 1978.


INCIPIT:

Il cielo è rosso

Il fiume era un corso d'acqua pigro e non molto lungo, che nasceva dalla palude, proprio dove cominciava la grande pianura. Di li si potevano vedere i monti imbevuti di azzurro, e più vicina l'ultima linea dei colli, che erano di varia forma, alcuni alti e a punta come coni, altri bassi e tondi, come delle gobbe. E sui colli si vedevano prati e case e alberi di castagne e filari di viti, e la distanza dava a tutte queste cose un'apparenza lieve e anche un po' malinconica, quasi che non fossero fatte per gli uomini.

Il male oscuro

Penso che questa storia della mia lunga lotta col padre, che un tempo ritenevo insolita per non dire unica, non sia in fondo tanto straordinaria se come sembra può venire comodamente sistemata dentro schemi e teorie psicologiche già esistenti.

 La cosa buffa 


In quel tempo di mezzo inverno benché si recasse ogni pomeriggio di sole sulla terrazza del Caffè alle Zattere, vale a dire in un luogo per niente spiacevole e anzi rallegrato dalle scarse cose liete che si possono trovare in una città umida qual è Venezia durante la brutta stagione, Antonio aveva soprattutto voglia di morire.


Anonimo veneziano


Sfumata in un residuo di nebbia che non ce la faceva né a dissiparsi né a diventare pioggia, un po' disfatta da un torpido scirocco più atmosfera che vento, assopita in un passato di grandezza e splendore e sicuramente anche d'immodestia confinante col peccato, la città era piena di attutiti rumori, di colori stagnanti nel culmine d'una marea pigra.



Rai International

Le angosce d'un anarchico di destra
"Nipotino tormentato di D’Annunzio, Berto è stato il più grande contestatore e, probabilmente, la più grande vittima dell’establishment letterario in questo dopoguerra": è la tesi esplicitamente avanzata dal giornalista Dario Biagi nella premessa al suo bel libro "Vita scandalosa di Giuseppe Berto" (Bollati Boringhieri, pp.272, L.30.000), dove viene ripercorso l’iter artistico ed esistenziale d’uno scrittore tanto dotato quanto pervicacemente non allineato, che pagò questa sua diversità con l’emarginazione dai salotti buoni della letteratura dell’epoca. Dopo il folgorante esordio nel romanzo de "Il cielo è rosso" (1947), ove il protagonista s’immola in guisa cristologica per scontare l’orribilità della guerra, Berto si allontana dal grande successo di pubblico e si dedica con qualche ritrosia al mestiere di sceneggiatore, praticato al solo fine di sbarcare il lunario. Collabora, in codesta veste, con molti intellettuali dell’epoca tra cui Alberto Moravia, che non lo stimò e con il quale egli ebbe un memorabile scontro nel ‘62 in occasione della consegna del premio Formentor ad una giovanissima Dacia Maraini, con tanto di corollario giudiziario: sono, questi, gli episodi che lo costringono ai margini degli ambienti radicali allora vincenti nell’ambito delle lettere e ad un sofferto ruolo di paria scontento.
A seguito d’una penosa fase di depressione, iniziata nel 1954 e segnata da una lunga terapia psicanalitica, egli torna alla ribalta dieci anni più tardi con "Il male oscuro", romanzo sperimentale debitore della scrittura joyciana eppur personale ed originalissimo nella struttura: i critici lo stroncano, ma esso vince nello stesso anno i premi Viareggio e Campiello, è esaltato alla radio da Carlo Emilio Gadda e salutato dalla prestigiosa "New York Review of Books" come unico libro di avanguardia italiano.
I testi successivi sapranno di maniera, a scorno del suo ritorno alla ribalta con il lacrimogeno "Anonimo veneziano" (1971), più noto nella versione in celluloide diretta da Enrico Maria Salerno; nel febbraio del ‘78, lo scrittore per il quale Hemingway dichiarò pubblicamente - nel ‘58, intervistato da Montale a Venezia - la sua stima, si spegne a Roma: nell’indifferenza generale, dimenticato da tutti.
F.T.
"Vita scandalosa di Giuseppe Berto" di Dario Biagi
Dario BiagiVita scandalosa di Giuseppe Berto
Bollati Boringhieri
1999
Pagine 272
Euro 15,49
http://www.italica.rai.it/principali/argomenti/libri/berto.htm
logorai.gif (2283 byte)



5 commenti:

  1. Giuseppe Berto..
    diversi anni fa ho letto circa una trentina di libri e 'il male oscuro'è stato uno dei primi di quei 30.
    è un grosso libro..ma lo lessi si può dire tutto d'un fiato..
    doveva essere un uomo dalle scelte radicali..


    davvero interessante questo post

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho letto "Il male oscuro" qualche anno dopo. Un librone sì, forse scoraggiante per l'argomento oltre che per la quantità di pagine. La scrittura di Berto è descrittiva, ti fa identificare sensazioni e luoghi, persino poetica.
      Sono felice di averti dato unos spunto per ricordare...

      Un saluto Anto

      Elimina
  2. Davvero interessante, vado a leggerlo.
    Un abbraccio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vilma sei tu che mi provochi...

      Scateni reazioni a catena!!! :))

      Elimina
  3. Davvero bello tutto ciò che tu scrivi ,tutte queste notizie sono molto interessanti ,mi fai venire la voglia di leggere ! Mi sembra uno scrittore un pò diverso Dagli altri .Un caro saluto Bianca

    RispondiElimina

scripta manent

Post più popolari

W. Shakespeare SONNET116

W. Shakespeare SONNET116
Non sia mai ch'io ponga impedimenti all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza. Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato. W. Shakespeare

J.W. GOETHE

J.W. GOETHE
Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile, dire qualche parola ragionevole. Johann Wolfgang Goethe

Elenco blog personale