POESIE

giovedì 29 agosto 2013

Mazapegul


Mazapegul sono stati un gruppo musicale italiano. 
Fondati nel 1994 dal batterista Mirco Mariani e dal bassista ed autore 
di testi Valerio Corzani. 
Il 27 agosto 1999, all'età di 26 anni, in seguito ad un incidente stradale, muore il cantante, frontman e chitarrista Daniele Di Domenico detto Dido, anima istrionica dei Mazapegul. A seguito della sua scomparsa il gruppo si scioglierà







Cosa significa Mazapegul?













E Mazapegul 
di Loris Pattuell



Il Mazapegul è un folletto dispettoso, il protettore delle bestie e della casa. Con il suo bastone da passeggio e con in testa un berrettino rosso, il Mazapegul è l'antico spirito che giace con le donne. Di gradevole aspetto, lo si direbbe un incrocio tra un gatto e uno scimmiotto. Come la maggior parte dei suoi simili, non gira che di notte e lascia impronte dappertutto. Se lo tratti bene, ti fa i lavori domestici, ma se lo fai arrabbiare, ti rovescia tutta la casa. Il Mazapegul lo puoi scacciare in centomila modi. Lo puoi anche catturare, chiudendolo in un sacco. Ma a che pro? La notte dopo lo troveresti ancora lì, leggero come un refolo di vento e pesante come la pietra degli incubi.

Per il dizionario Devoto-Oli, il folletto è un "essere fiabesco della tradizione popolare, piccolo ed astuto, magnificamente operante a danno o a vantaggio dell'uomo". Folletto, in romagnolo fulèt, nodo di vento, piccolo mulinello che s'alza quando l'aria è calma. La radice "fol" significa "soffio d'aria" da cui derivano i termini latini follis, flare, flatus e gli italiani folle, folata, folletto, ma anche fola, favola. Il Mazapegul è piccolino, di pelo grigio e corre spedito sulle zampette posteriori. In testa porta un berretto rosso e tra le mani stringe un bastone da passeggio. Per il resto è nudo come un verme o un bambino appena nato. Il Mazapegul è il genio tutelare della famiglia, lo spirito degli antenati, è quell'attività onirica che mette in comunicazione il cielo con la terra. Per Anselmo Calvetti, Mazapegul è derivato da pécul/pécol e significa "il piccolo dalla mazza". La mazza (bastone, martello, zanèta) intesa come l'arma con la quale la divinità tutelare della casa impediva agli spiriti maligni di oltrepassare la soglia domestica.

Il Mazapegul alza le sottane delle signore, salta in groppa alle rane, intreccia le code delle mucche, le criniere dei cavalli, i capelli delle fanciulle, nasconde e sposta oggetti, suggerisce sogni, dona gioia e spensieratezza alle persone amate. Il Mazapegul può trasformarsi in un filo d'erba, una foglia, un sasso, può essere così piccolo da passare per il buco della serratura o così grande da bloccare una strada. Inconsistente come l'aria, il Mazapegul è capace di assumere qualsiasi aspetto, può diventare un animale, un attrezzo da lavoro, un gomitolo di lana, una fiammella, un mostro, oppure può trasformarsi in radici, tronchi, rami. Il Mazapegul fa i dispetti a quelli che lavorano, sa imitare la voce umana, si diverte a confondere i discorsi, eccetera, eccetera. Splendida creatura il Mazapegul, vero? Forse ce n'è ancora qualcuno in giro, forse c'è un qualche nostro conoscente che gli assomiglia un pochino. Bisognerebbe tenerlo presente. 













venerdì 23 agosto 2013

si migra fra nidi di prede e bisbigli di carezze


si migra di certezza in - certezza
fra nidi di prede e
bisbigli di carezze

vedo il lago
anch'esso migra
con l'acqua del fiume sepolto
e gli uomini
divinità decadute
ignudi e glabri
remare controvento

s'inverna dentro
un'estate morente
dove i raggi 
si sparpagliano tra i vicoli e le case
come gatti
al tramonto


giovedì 22 agosto 2013

Le chiese che donna fosse
















Le chiese che donna fosse
e si stupì

ancora stupore
quando le mostrò
l'anima scarmigliata
i seni sodi e i fianchi
colmi di dolci melodie

Era 
la parte buia
del cielo
la solitaria
e oscura mensa
in cui cercare ristoro
di fame e d'arsura


Imperfetta
gli rispose
mostrando i segni
dei troppi amanti

Imperfetta
ripeté a sé stessa
quasi a cercare
in quella parola
la giustificazione
ad ogni maleficio












martedì 20 agosto 2013

Ah fa caldo!

Ah fa caldo!
Il giorno dura 14 ore

Ti adombra
e non ti fa ombra
il silenzioso canto del flauto
forse  vorresti
una musica ribelle
un tum tum
ritmato
con cadenza settenaria
(sperando sia vincente)
come del cuooore
no meglio
un'Armida Ballarin
come comune senso del pudore

Una nota si immerge
un'altra si appende
il flauto protende
dai tasti esce
veemente
un che di celestiale

Le altre chissà
(dico le note)
magari 
hanno ritmi migliori

Le vedo
senza alcun pentagramma
dissertare
sul tempo
e sul colore 
ah... come mondo crudele o 
-nessuno mi capisce come te-
fingersi incredule 
riempirsi la bocca di stupore
mentre aspettano soltanto
(oh io lo so!)
un breve interludio d'amore

Aspettano
"sei la gemma intarsiata
la melodia inaspettata
dal tempo delle mele"

per sciogliersi di nuovo
come cera di candele...

no è l'afa

Dal blog "Fuga di stanze" della mia amica Red... una persona speciale, leggetelo è aria fresca e dolce sapore di bellezza.

Il tempo da non perdere, il tempo non perso
Adoro le persone che scrivono qui. Sono intelligenti, sensibili, concrete, sognatrici, in una parola belle. E belle sono le loro riflessioni, i frammenti di respiro che lasciano qui. Sono come ponti sospesi e leggeri: ci sali su e capisci che da lì si vedono cose pesanti, lontane, vicine, sotto di te o sopra. Ora, ad esempio, leggendo i vostri pensieri, Soffio e Anto, ho davanti uno di questi meravigliosi ponti invisibili.....ma prima di imboccarlo vorrei ringraziarvi per la bellezza che traspare dalle vostre parole. I vostri "commenti" sono riproduzioni fotografiche di ciò che avete sentito, trattenuto in un pensiero veloce e sono diverse, profondamente e meravigliosamente diverse. Le tue parole, Doc, hanno la sfumatura particolare che assume un oggetto bianco, un telo bianco, alle prime luci del giorno in una casa buia. L'hai notato anche tu? Sai quando lasci le persiane, le imposte, spalancate dalla sera prima e al primo chiarore entra una luce particolare...e gli oggetti bianchi hanno una specie di splendore mesto, che dura un istante, un respiro, poi è sopraffatto dalla doratura del sole...Questo splendore mesto esiste in ogni cosa, credo. In ogni cosa che induca alla meraviglia. La percezione della sua esistenza deriva, credo, da un breve istante di dolorosa consapevolezza del proprio limite, che avvolge l'anima prima che questa si lasci incantare dalla bellezza. Lo prendo con me, nel percorrere il ponte: è un regalo prezioso averlo trovato nelle tue parole, lo tengo stretto e lo porterò nelle mie.
L'immagine che hai lasciato tu, Anto, risplende di una sfumatura profondamente diversa, ma non è della sua luminosità dorata, rosea, di pesca davvero, che desidero parlare. Mi ha colpito ancora di più come tieni in te quell'attimo, come lo descrivi...si può vedere ogni cosa. Si può guardare ogni dettaglio insieme a te. E poi il mondo che passa sulla strada a rovescio...è come dire l'orologio che gira al contrario e fa dire a una bimba: perché non vai avanti e più veloce, e fa dire a una donna: perché non torni indietro ancora un po'. Anche questo dettaglio corrisponde a un colore, separato da quello della pelle abbronzata, delle righe colorate, delle dita piccoline che tengono saldamente una pesca incipriata d'estate. È uno splendore irrequieto, lampi disordinati, che sembrano quelli di un temporale indeciso. Li porto con me, perché anche questi bagliori fanno parte del bagaglio di cui ho bisogno per attraversare il mio ponte.
Se immaginassi che il Tempo non è il mio limite ma la mia compagnia, tutto sarebbe diverso. Probabilmente ammetterei finalmente che nascere, crescere, invecchiare, sono traguardi nella conoscenza di questo compagno. Fondamentale conoscere con chi si viaggia e con lui, il Tempo, io sto praticamente 24 ore su 24. Facciamo tutto assieme, senza timore di darci fastidio, solo io a volte.....fatico a capire certe sue abitudini, certi meccanismi che tira fuori mentre disfa i bagagli ad ogni nuova destinazione. È incredibile come la parola " mancanza " ricorra nei miei discorsi quando parlo di lui. Non so se mi ascolta, se se ne accorge, ma davvero è la parola " mancanza" a rimanere sola, alla fine, presa nel setaccio delle mie riflessioni. Non rifletto sempre su di lui. Lo faccio molto più di frequente su me stessa e sebbene la mancanza sia riferibile solo a me, al mio rapporto con me stessa e ciò che ho attorno, lui c'entra sempre. O forse è solo il suo modo per dirmi che siamo insieme. Ad ogni tappa di questo viaggio, compiuta fin qui, ho setacciato pensieri e ho trovato mancanze. Mancanze differenti e tutte molto sentite, impossibili da ignorare. Tempo fa credevo che l'ultimo tratto del mio viaggio, salvo improvvise interruzioni, sarà determinato proprio dalla mancanza di questo prezioso compagno. Ritarderà, mi dicevo, salterà gli appuntamenti fino a dimenticarsi di me, mi volterò e di colpo capirò di non averlo più vicino. Ultimamente, però, mi rendo conto che potranno essere altre cose a mancare: gli abbracci, ad esempio. Chissà com'è essere abbracciati e abbracciare da vecchi.....la pelle si assottiglia, diventa quasi trasparente. Deve essere bellissimo sentire un abbraccio, oppure il vento o il sale di una mareggiata. Fa pensare che sia come sentire con l'anima, con la propria sensibilità interiore, che ha pelle anch'essa, questo lo so, e terminazioni nervose che la fanno increspare per una gioia o per un dolore. Se riuscirò ad immaginare il Tempo come mio compagno, gli chiederò di insegnarmi a sentire con la giusta intensità, quando arriveremo là.

martedì 6 agosto 2013

IRA

L'ira è una breve follia


Per questa ragione qualcuno tra uomini saggi disse che l’ira fosse una pazzia: ugualmente infatti è incapace di dominare sé stesso, dimentica il conveniente, immemore degli obblighi, è incurante di sé tra i parenti, ostinatamente rivolta a ciò che si è prefissa, chiusa alla ragione e ai consigli, agitata per motivi vari, incapace di distinguere il giusto, molto simile alla rovine che sono ciò che oppressero sono abbattute.

Seneca



















Non arriva niente qui
niente che io comprenda
come una posa di mattoni

Se spingo lo sguardo oltre
il vitale opus incertum
o meglio
se lo sguardo decide 
di andarne oltre
non c'è che un
isolato a separare
la mia felicità
dall'inquietudine


Troppo spesso mi costringe
o meglio ancora mi invita
alla riflessione
l'assurda opera
che l'ingegno compie
quando ascolta
(spesso all'alba)
la parte più distante
dalla realtà
Quell'equinoziale saggezza
che limita e delimita
o forse semplicemente
imita con stoltezza
la veggente
insanità

















lunedì 5 agosto 2013

lanterne senza stoppino

Luccicano i miei occhi
-lanterne senza stoppino-


...da tempo
ormai
ho riposto gli attrezzi del raccolto
arrugginiti
hanno arrossato le pareti
e dato casa ai ragni
che han predato
mosche e farfalle
che appese a quelle
iridescenti tele
(dondolando al fumo
del legno acerbo
che ha riempito la mia stanza)
sono convinte ancora di volare
(mentre
file di parole
in processione
ho visto passare dal camino)

Non c'è più tempo
per il giallo del  grano
né per l'asprigno
succoso
d'un filo d'erba
accolto fra le labbra
ascoltando cantare le cicale

Da tempo ormai
da tanto tempo
sai...
non c'è più tempo




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Non sia mai ch'io ponga impedimenti all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza. Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato. W. Shakespeare

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Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile, dire qualche parola ragionevole. Johann Wolfgang Goethe

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