POESIE

lunedì 30 novembre 2015

Vi svegliate un giorno e non avete piú parole per dire «giorno».



"IL LIBRAIO DI SELINUNTE" di Roberto Vecchioni
(Einaudi 2014)




L’eternità della parola


di Katya Maugeri

“La mia città non si chiama Selinunte, anzi, non si chiama proprio.
Si chiamava cosi una volta, quando alle cose corrispondevano nomi.
Oggi qui non si comunica più a parole, ma a codici; a volte semplici, a volte complessi, fatti di segni mischiati a segni.”.

Un libraio che leggeva i libri, non li vendeva. Li leggeva e basta. Una canzone sublime che incanta, una canzone che diventa racconto.
È “Il libraio di Selinunte” e a raccontare di lui è Roberto Vecchioni.
Un autore che affascina e che regala emozioni senza tempo, in questo racconto narra la storia di Nicolino, un ragazzo che passa le sue notti ad ascoltare leggere un libraio, non un venditore di libri, ma un lettore di parole,“ l’uomo più brutto che avessi mai visto. Piccolo, storto, vestiva un doppiopetto a righe grigie e nere molto più grande di lui… ”. Il ragazzo è l’unico ad ascoltare le storie lette dal libraio, che viene malvisto dagli altri abitanti del luogo.
L’uomo giunse a Selinunte, con i suoi innumerevoli libri da leggere, con la missione di trasmettere l’importanza della cultura, l’incanto della parola, “educando” gli abitanti alla lettura dei classici. Dopo gli iniziali momenti di curiosità, gli abitanti allontanarono il libraio ritenendolo quasi una presenza demoniaca, ed è in quest’ambientazione surrealistica che Nicolino attraverso un flash-back racconta la storia, al tempo della sua infanzia. Incurante del divieto dei genitori frequenta, ogni notte, la bottega del librario. Ogni sera, infatti, il giovane fa coricare al suo posto lo zio, rifugiandosi nelle letture incantevoli del libraio. Le parole pronunciate dall’uomo si trasformano in sigilli impressi nell’anima del ragazzo, parole che alimentano in lui l’amore per il sapere. Un racconto che mostra come potrebbe diventare una società se i libri andassero perduti, tutto questo mettendo in rilievo i grandissimi autori della letteratura: Shakespeare, Saffo, Manzoni, Leopardi, Pessoa, Catullo, Sofocle, Tolstoj. Una sera, il ragazzo sente il libraio esclamare: “E questa è l’ultima volta, Nicolino”. Da quella sera, l’evoluzione di eventi improvvisi, trascineranno il paese in un vortice senza ritorno: gli abitanti – come in un incantesimo – saranno circondati da parole prive di significato, vuote, aride, asettiche. Tutto apparirà piatto e privo di sentimenti, privo di comunicazione. Nicolino, l’unico a possedere “l’essenza” della parola, deciderà di raccontare a Petunia – sua amata alla quale non riesce a comunicare l’amore che prova per lei – i brani letti dal libraio, “Io amo Primula. Non posso parlare con lei, e sento questa mancanza come uno strappo, un dolore senza fine. Non mi bastano e non le bastano i gesti, le carezze, gli sguardi: tutto ciò è di una dolcezza animale che riempie solo una minima parte dello spazio comune: come un continuo rispondere senza domande. Come se per dipingere avessi tutto tranne i colori”.

Una storia che narra dell’essenza e dell’importanza delle parole e delle sfumature nascoste in ogni termine scelto nel linguaggio comune. Le parole usate con inerzia e quelle racchiuse nei libri (quelle preziose, autentiche, magiche). Le parole non possono dissolversi, non spariscono nell’oblio.
Chi sa realmente ascoltarle, possederle, custodirle, le mantiene vive nel tempo rendendole eterne.
In un’epoca in cui l’importanza della parola è totalmente trascurata, in cui la comunicazione avviene in maniera meccanica e priva di enfasi, di emozione, di trasporto, questo racconto riesce a far emergere quel valore che troppo spesso diamo per scontato trascurando i dettagli e l’importanza dei termini con i quali descriviamo tutto ciò che caratterizza la nostra vita. Come sarebbe il mondo senza la parola? Senza cultura? Senza libri? Un mondo silenzioso e privo di sussulti.
Proprio come gli abitanti di Selinunte, temiamo il confronto con il diverso cercando di annullarlo per timore di essere invasi dalla diversità. È così che viviamo, con paura e terrore; ma nell’atto di allontanarlo e distruggerlo, gli abitanti, perdono le parole diventando incapaci di comunicare, si ritrovano appunto – senza parole. Nulla può essere espresso. Nemmeno i sentimenti.
Un inno alla conoscenza, alla cultura, alla voglia di conoscere per sentirsi liberi. Liberi di esprimere, di trovare le parole giuste da attribuire a uno stato d’animo… cose che gli abitanti di Selinunte perdono, vivendo nell’incapacità di esprimere le proprie emozioni, di comprendere lo stato d’animo altrui, costretti a comunicare a gesti, fraintendendosi. Un testo attuale che inevitabilmente conduce alla nostra epoca, in una società che tende a questa perdita, oggi che il linguaggio è racchiuso in simboli, in “emotion” che sostituiscono le parole, pensieri espressi attraverso abbreviazioni difficili da interpretare. Si è perso l’entusiasmo di usare la parola corretta, scegliendo il termine adeguato capace di trasmettere un’emozione. Siamo stanchi e sempre di corsa, non abbiamo più il tempo necessario da dedicare alla parola. Viviamo proprio come in quel villaggio descritto da Vecchioni, in cui si cerca di utilizzare i gesti, ma – ahimè – siamo soggetti a fraintendimenti che allontano sempre più l’emozione dai gesti compiuti. Un vocabolario sempre più scarno, quello utilizzato nell’epoca in cui viviamo; povero di termini forbiti, ricco di termini coniati da “guru” del momento.
Roberto Vecchioni con uno stile incantevole, forbito, scorrevole, emoziona il lettore attraverso un viaggio all’interno dei classici della letteratura riuscendo a trasmettere un messaggio che tocca l’anima: “La favola è fuori di qui, la favola è nel nostro strazio quotidiano, nella nostra incapacità di far corrispondere quel che diciamo a quel che sentiamo”.
Un libro che non dimenticherete facilmente, vi sembrerà di ascoltare il libraio leggere per voi brani che custodirete come delle perle preziose.


“I venti non si sa mai quando arrivano, come arrivano. Sono improvvisi e inspiegabili come i moti del cuore. Un istante prima sei calmo, sei sereno ed ecco che ti senti addosso un’agitazione, una frenesia… i venti cambiano cose che eran lì immutate da sempre: spiagge, boschi, ghiacciai. Abbiamo forse anche noi dei venti nel cuore? Qualcosa che quando arriva è più forte di tutti e non vuol sentire ragioni? È così, pensai, che si diventa pazzi? È così che appare di schianto una verità che non conoscevi e non volevi conoscere?”



mercoledì 25 novembre 2015

Di certi giorni e visi



Posso leggere
di certe notti e storie
di certi giorni e visi
posso vedere ad occhi chiusi
e persino usare/osare
parole d'amore

Lontano qualcuno le canta
ne sceglie la rima a modo di poeta

Posso ricambiare sorrisi
e ritrarmi
(fingendomi seccata)
ad ogni bacio

Posso camminare
in notti come questa
e persino ricordare
l'immensità di una notte come questa
e sentire la notte
come quella notte
farsi immensa
tra stelle filanti in sdoppiati firmamenti
e cercare con il cuore
posso
persino cercare con il cuore
posso



lunedì 16 novembre 2015

Parigi




Non lontano dal Bataclan, gli imam pregano in ricordo delle vittime degli attentanti di venerdì 13 insieme ad alcuni esponenti della comunità ebraica tra i quali lo scrittore Marek Halter. I rappresentanti della delegazione hanno intonato insieme la Marsigliese. Tra i presenti anche Hassen Chalghoumi, presidente della Conferenza degli imam di Francia e imam di Drancy.

 "In tutte le religioni non si può uccidere in nome di Dio, vale per tutte le religioni - così Marek Halter - è per questo che siamo qui, per far vedere che la Francia non è solo una faccia, ma 67 milioni di facce e può restare unita''

(da la Repubblica.it)

Per me Parigi, è negli occhi di tutti noi feriti e morti con i morti e i feriti di venerdì, ed è negli occhi bassi di tutti gli islamici che incontro per strada e che si portano dentro il dolore di uno scempio fatto in nome del loro dio. Questo per me è Parigi, adesso. 

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Non sia mai ch'io ponga impedimenti all'unione di anime fedeli; Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la stella-guida di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza. Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato. W. Shakespeare

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Si dovrebbe, almeno ogni giorno, ascoltare qualche canzone, leggere una bella poesia, vedere un bel quadro, e, se possibile, dire qualche parola ragionevole. Johann Wolfgang Goethe

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