TOPAZIA ALLIATA - Ritratto di alpinista - (Fosco Maraini) |
Maraini trascorre l’infanzia e l’adolescenza a Firenze compiendo coi genitori frequenti viaggi in Italia, Inghilterra, Svizzera, Francia e Germania. I legami familiari della madre con il Sud Africa, l’India e diversi altri paesi del mondo, nonché una spiccatissima e precoce curiosità per l’Oriente.
A ventidue anni s’imbarca come insegnante d’inglese dei cadetti dell’Accademia Navale di Livorno, in crociera con la nave scuola “Amerigo Vespucci”, verso le coste del Medio Oriente.
Ha modo così di visitare l’Egitto, il Libano, la Siria e la Turchia. Nel 1935, sposa Topazia Alliata, discendente di un’antica casata siciliana, dal matrimonio con la quale nasceranno le tre figlie Dacia (1936), Yuki (1939) e Toni (1941).
Nel 1937 parte al seguito del celebre orientalista Gieseppe Tucci per una lunga spedizione in Tibet. Questa esperienza convince definitivamente Fosco Maraini a dedicarsi alla ricerca etnologica e allo studio delle culture orientali. Tornato in Italia, conclude i suoi studi, laureandosi nello stesso anno in Scienze Naturali all’Università di Firenze. L’occasione di dedicarsi pienamente alla ricerca etnologica gli è offerta da una borsa di studio per ricercatori stranieri messa a disposizione della Kokusai Gakuyu Kai, un’agenzia del Governo giapponese. Nel 1939 si trasferisce con la famiglia a Sapporo, nell’isola di Hokkaido, dove effettua una serie di ricerche e di studi, incentrata sui caratteri dell’arte, della religione tradizionale e dell’ideologia degli Ainu, il “popolo bianco” del Giappone. I risultati di tali indagini sul campo verranno pubblicati a Tokyo nel 1942 in un importante lavoro monografico intitolato Gli Ikubashui degli Ainu. Nello stesso anno pubblica, in lingua giapponese, un rèportage fotografico sui popoli del Tibet (Chibetto). Tra il 1942 e il 1943, lasciata Sapporo, ricopre l’incarico di lettore di lingua italiana all’Università di Kyoto. Dopo l’8 settembre, rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò, Maraini, insieme alla sua famiglia e a un’altra trentina di residenti italiani in Giappone, viene internato in un campo di concentramento a Nagoya,; vi rimarrà sino al 15 agosto 1945. Dopo la fine della guerra rimane a Tokyo, lavorando per un anno come interprete dell’VIII Armata Americana. Nel 1948, subito dopo il ritorno in Italia, Maraini parte per un secondo viaggio in Tibet con Giuseppe Tucci. Da questa esperienza nascerà, dopo qualche anno di gestazione, Segreto Tibet, volume che verrà tradotto in dodici lingue e che porterà il lavoro etnologico e lo stile narrativo di Maraini all’attenzione del pubblico internazionale. Nel 1953, Maraini ritorna in Giappone dove gira una serie di documentari etnografici. Fra i documentari, oggi purtroppo in gran parte perduti, ricordiamo: Gli ultimi Ainu, incentrato sulla cerimonia dello iyomande; Ai piedi del sacro Fuji sulla vita rurale giapponese, sull’architettura tradizionale e sul ritualismo scintoista; L’isola delle Pescatrici, girato – in parte con riprese subacquee – fra le Ama delle piccole isole di Hékura e Mikurìa, nell’arcipelago delle Nanatsuto, la cui peculiarità etnologica Maraini propose per la prima volta all’attenzione del mondo occidentale. In quegli stessi anni, contestualmente alla ricerca visiva, Maraini raccoglie numeroso materiale che adopererà per la pubblicazione di tre volumi: Ore giapponesi del 1956 (tradotto in cinque lingue), L’isola delle Pescatrici del 1969 (tradotto in sei lingue) e, infine, Japan.Patterns of Continuity (1971), monografia illustrata sul Giappone, che a sinora conosciuto dodici ristampe ed è stata tradotta in diverse lingue. Nel 1958, Maraini – da tempo appassionato alpinista – viene invitato dal Club Alpino Italiano alla spedizione nazionale al Gasherbrum IV ( 7980 m. ) nel Karakorum. L’anno successivi è capo della spedizione italiana al Picco Saraghrar nell’HinduKush. Il resoconto alpinistico ed etnografico di queste spedizioni costituisce l’argomento dei due volumi G4 Karakorum, del 1959, e Paropàmiso, del 1960, che vengono ambedue tradotti in più lingue. Fra il 1959 e il 1964, su invito del professor Richard Storry, lavora come ricercatore associato (fellow) presso St. Antony’ s College (Dipartimento di Civiltà dell’Estremo Oriente) di Oxford. In quegli stessi anni, per conto dell’editore italiano De Donato compie un lungo viaggio attraverso l’Asia, toccando l’India, il Nepal, la Thailandia, la Cambogia, il Giappone e la Corea. Nel 1966 torna in Giappone, dove lavora per una grande casa editrice ed effettua studi sulla civiltà e la cultura di quel paese. Fra il 1968 e il 1969, trascorre parecchi mesi a Gerusalemme dove raccoglie materiale per la pubblicazione di uno dei più bei volumi apparsi su quella città: Jerusalem, Rock of Ages, pubblicato dalla Harcourt Brace di New York. Nel 1970, il Ministero degli Affari Esteri lo nomina direttore delle pubbliche relazioni al Padiglione Italia dell’Esposizione Universale di Osaka. Lo stesso anno sposa in seconde nozze la sua attuale compagna Mieko Namiki. Nel 1972 Maraini ritorna a Firenze dove gli viene affidato l’incarico di Lingua e Letteratura Giapponese presso la Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi, incarico che lascia nel 1983 per raggiunti limiti d’età. Sempre nel 1972, fonda l’Associazione italiana per gli Studi Giapponesi ( AISTUGIA ) di cui è stato presidente fino alla morte. Fra i volumi pubblicati negli anni settanta ricordiamo: Incontro con l’Asia (1973), Tokyo, pubblicato in cinque lingue nella collana “Great Cities of the World” e Giappone e Corea, pubblicato nel 1978 sia nell’edizione italiana sia in quella francese. Nel 1980 pubblica con Giuseppe Giarrizzo un volume sulla civiltà contadina in Italia, in cui appare per la prima volta il materiale fotografico raccolto nel Meridione e in Sicilia negli anni immediatamente successivi alla guerra.
Negli anni Novanta, Maraini ha continuato a rivedere ed ad approfondire i suoi studi giapponesi
( L’àgape celeste, 1995; Gli ultimi pagani, 1997) e ha pubblicato alcuni volumi di squisito contenuto letterario scritti, a partire dalla fine degli anni cinquanta, come puro divertissement, in un chimerico linguaggio “metasemantico”: Gnosi delle Fànfole (1994) e Il Nuvolario (1995). Su espresso desiderio di Maraini e grazie all’intervento dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, la sua biblioteca orientale e la fototeca delle immagini da lui riprese nel corso della sua vita sono state acquisite dal Gabinetto Scientifico Letterario G.P. Vieusseux, costituendo la base sulla quale è nato il Programma da Maraini stesso battezzato “VieusseuxAsia”. Nelle intenzioni di Maraini i materiali da lui raccolti dovrebbero infatti garantire a Firenze e alla Toscana la disponibilità di strumenti per la conoscenza dell’Asia Orientale tali da garantire la ripresa di quell’interesse che era stato fino agli anni Trenta del Novecento così vitale. Nel 1999 il Gabinetto Vieusseux ha promosso una grande mostra antologica delle sue fotografie, Il Miramondo, esposta al Museo Marino Marini a Firenze, poi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e all’Istituto Giapponese di cultura e quindi a Tokyo, al Museo Metropolitano di Fotografia. Nel 2001 il Gabinetto Vieusseux ha promosso e pubblicato il cospicuo volume Firenze, il Giappone e l’Asia Orientale. Nel 2003 sempre al Gabinetto Vieusseux si è tenuto il convegno internazionale dedicato a Relazioni tra scienza e letteratura in Oriente e in Occidente La sua biografia in forma romanzata è stata pubblicata da Mondadori con il titolo Case, amori, universi. Negli ultimi tempi, profondamente colpito dalla strage delle Torri Gemelle, si era dedicato con appassionato impegno allo studio dei rapporti tra Islam e Occidente, riconsiderando le sue esperienze dirette di incontro con la cultura islamica.
Fosco Maraini è morto a Firenze martedì 8 giugno 2004
Fosco Maraini |
Poesie tratte da:
" Gnòsi delle Fanfole"
di Fosco Maraini
Bottiglie
Non siamo tutti simili a bottiglie
ripiene di ricordi e cronicaglie?
Bistròccoli, fruschelli, filaccetti
ricolmano le pance trasparine,
fanfàggini, birìllidi, nulletti
s’asserpano in ghirlande cilestrine…
Se scuoti la bottiglia sgrengoluta
risorgono megoni e gastrifèmi,
rispuntano tra mèmmola grognuta
nascosti vercigogni e schifilemi.
Talvolta vedi invece lumigenti
miriàgoli, trigèridi, fernuschi,
e piangi su gavati struggimenti
finiti coi patassi fra i rifiuschi.
Non tornano a rivivere le facce
d’amici e d’amorilli luscherosi?
Risplòdono le voci, le morcacce
d’incontri cuspidiali e trucidiosi!
Poi un giorno la bottiglia si tracassa,
il vetro si sbiréngola nel sole
in croccherucci verdi, in patafrassa,
tra l’erbe cucche e cionche di pagliòle.
Ahi dove sono allora i gaviretti,
i nobili tracordi, i rimembrili.
i càccheri, gli smèrmidi, i frulletti,
i mòrfani, gli sghèfani gentili?
Sdrafànico mistero di bottiglia
bottiglia di sdrafànico mistero.
Il giorno ad urlapicchio
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un frònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto,
ma oggi è un giorno a zìmpagi e zirlecchi
un giorno tutto gnacchi e timparlini,
le nuvole buzzìllano, i bernecchi
ludèrchiano coi fèrnagi tra i pini;
è un giorno per le vànvere, un festicchio
un giorno carmidioso e prodigiero,
è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio
in cui m'hai detto "t'amo per davvero".
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