QUASI UN TESTAMENTO
A sera getto l'anima
negli occhi della luna, tremo
come canna nell’ incanto
del secolo chiuso nell'istante,
ammiro il fiore
tra i binari morti: tempo
suicida, orrore mio del vuoto
nell’aura tenebrosa
di malìa e sortilegio
sui profumi stanchi della terra.
Busso alle porte
dell’innocenza, i legni sono fradici
d'assenze; m'interrogo
sulle mie radici, le risposte tardano a toccarmi,
nessuno accoglie i lampi
sui carrubi: che ne sarà di me,
di questa curva breve,
del mio canto? Lo sai,
l'angoscia del poeta è sabbia
sui denti, un moto insensato
di nuvola errabonda: mi cercherai
sui cardi, nel guizzo d'una capra,
nel filo di quell'acqua intelligente
che da una ruota sposta
tutto un mondo. E tu se tendi al mare
non fermarti al gioco
effimero dell'onda, lascia l'inganno
ad altri delle spume: ti affido
i grandi abissi, le correnti,
la fauna sconosciuta, i paesaggi
di coralli. Trasognata trasparenza,
fiamma di fuoco a combustione lenta
questa vita d'approdi a bave di lumache
in un'idea pura di poesia
come stella di foglie nel cavo della mano.
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