Un ragazzo che conosco io festeggerà a giorni il suo diciottesimo compleanno e sta organizzando una festicciola con gli amici.
In tutto non saranno più di ottanta persone, mi diceva, ma siccome due o tre sono ancora in forse, allora è possibile che non siano più di settantasette o settantotto in tutto.
È matematica.
Ha cercato una bella sala in affitto, e questo oggi porta il nome di location. Ha concordato un servizio di catering con un noto ristorante della zona, prenotato gli addobbi floreali presso un fioraio (e sennò dove), si è sentito con una ditta di Salerno per i fuochi artificiali di mezzanotte.
- Per la musica verranno gli U2? - gli ho chiesto.
Mi ha guardato tra il serio e il costernato. No, suoneranno dei ragazzi amici suoi, ma qui in zona sono famosi e hanno migliaia di visite e di like su Youtube.
- Se hanno i like mi sento più sollevato - gli ho risposto sorridendo.
E avrei voluto continuare a sorridere, ma io sono uno che i pensieri diventano subito sole, o nuvole cupe che attraversano lo sguardo e non c’è niente da fare.
Mi sono ritrovato in un attimo nei miei diciott'anni. Li avrò festeggiati? Non lo ricordo esattamente, ma se ciò è stato, sarà stato con le modalità tipiche di quegli anni per le famiglie nella stessa condizione della mia.
Mia madre avrà preparato un Pan di Spagna farcito con uno strato di crema fatta in casa e uno strato di crema mischiata col cacao amaro: la nostra cioccolata. Per l'occasione della maggiore età avrà bagnato quel dolce con del vero caffè e non con acqua, zucchero e una punta di alchermes come faceva per i compleanni da bambino. Ma poi sono certo che si sarà pentita perché per crescere c'è sempre tempo e il caffè ai bambini non si da e allora lo avrà allungato per sicurezza con dell'acqua. Mi pare di vederla.
Avrò festeggiato con i soliti cinque o sei amici di sempre in un clima di serena normalità e senza neppure immaginare che appena tre anni dopo avrei firmato le mie prime cambiali.
"Farfalle", qualcuno le chiamava scherzosamente ed erano austere ed istituzionali, ma le firmai fiducioso e a cuor leggero perché avevo già un bel lavoro a tempo indeterminato, in cambio di una camera da letto in noce scuro che sapeva di mobile nuovo.
Lì avrei riposato per anni, stanco delle lunghe giornate di lavoro e sarei rimasto a contemplare estasiato il sonno beato di mia figlia appena nata, pieno di smorfie e di sorrisetti involontari.
La possibilità di un futuro era stata la mia vera festa.
Santa fu la sfera della penna Bic che scorrendo sulle “farfalle” aveva disegnato la mia firma e il contorno di una speranza di crescita. Di una prospettiva di vita.
Io vorrei dirti che parlo così per invidia. Perché diciott’anni li ho compiuti già tre volte e un pezzetto e dammi retta, nessuno è felice di invecchiare. Invece penso alla tua festa, ai contratti di lavoro precari, ad una instabilità che non ti permetterà alcun progetto. Alla tua firma che non vale un letto in noce scuro.
Non ti abbiamo consegnato un bel mondo, per questo forse ti facciamo festeggiare in grande, l’impossibilità di diventare grande.
Liberatevi di noi prima possibile e riprendetevi la vita.
Questo ti auguro, insieme ad una fetta di Pan di Spagna crema e cioccolata.
di SIMONE ANGELO CANNATA'
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